Italia

Trieste italiana, i 70 anni celebrati da una piazza riempita di ex missini

Cerimonia per il 70esimo anniversario del ritorno di Trieste all’ItaliaCerimonia per il 70esimo anniversario del ritorno di Trieste all’Italia – Ansa

26 Ottobre 1954 Venerdì sera manifestazione di segno opposto con 5 mila persone contro l’ovovia

Pubblicato un giorno faEdizione del 27 ottobre 2024

Una piazza sostanzialmente di ex missini ha celebrato ieri i 70 anni dal ritorno dell’Italia a Trieste in quel 26 ottobre del 1954. Le Frecce tricolori, per colorare rombando il cielo nuvoloso sopra piazza Unità d’Italia piena di labari e uomini e donne in divisa. Una staffetta da Redipuglia, per arrivare a Trieste in serata ed accendere il tripode sui gradini che dal mare salgono in piazza mentre suonano le bande militari e si stende un tricolore di 85 metri. Canzone del Piave e Inno d’Italia in loop.

Nel 1947 il Trattato di Pace aveva istituito un Territorio Libero amministrato in parte dagli angloamericani (Zona A con Trieste) e in parte dagli jugoslavi (Zona B con Capodistria). Nell’ottobre del 1954 un memorandum tra Regno Unito, Stati Uniti e Jugoslavia stabilì di affidare la zona A all’Italia. Soluzione provvisoria senza estensione di sovranità nazionale ma de facto la soluzione definitiva. Se ne andarono gli amati americani e i meno apprezzati inglesi e l’Italia entrò a Trieste con soldati navi e aerei il 26 ottobre 1954. Settant’anni, dunque, e andavano celebrati.

Ospite d’onore il Presidente del Senato, lettera commossa e patriottica da Giorgia Meloni altrove impegnata, Arianna Meloni che già venerdì sera aveva riunito i suoi per ricordare come FdI nel 2017 proprio a Trieste era diventato il Partito della Nazione facendo risorgere l’essenziale spirito patriottico che adesso finalmente permea la politica e garantisce gli evidenti successi del Governo. Cerimonie per tutta la giornata con il sindaco Dipiazza e poi il ministro Ciriani con i consiglieri regionali Scoccimarro e Roberti, tutti di Fratelli d’Italia.

Molto hanno detto di «Trieste la città più italiana d’Italia» e dei morti per Trieste italiana, e ancora del dramma degli italiani che hanno lasciato la Jugoslavia. Dei ventimila triestini che dal marzo 1954, in due anni, sono partiti per l’Australia non sapeva niente nessuno. Per la foto ricordo davanti al gonfalone di Trieste con l’alabarda bianca in campo rosso l’abbraccio è stato tra il presidente La Russa, il ministro Ciriani, il presidente dell’associazione degli esuli istriani e il senatore Roberto Menia, autore della legge che ha istituito il giorno del ricordo delle foibe e dell’esodo.

Era già chiaro dai manifesti comparsi da giorni: «26 ottobre 1954 – Trieste è italiana, la Zona B è perduta», e su questo mix di vittimismo e revanscismo si sono inaugurate mostre e allestiti spettacoli. Buonissima visibilità per la Lega Nazionale, associazione ora capofila ben finanziata nella gestione di mostre e musei sulle foibe e sugli esuli che ha comprato paginate quotidiane sui giornali ma c’è stato anche chi ha osato di più: la galassia nera che orbita intorno alla «Associazione patriottica Trieste Pro Patria» con un corteo pomeridiano di qualche centinaio di palestrati vestiti in black per celebrare «la Seconda Redenzione di Trieste», per poi riunirsi la sera al concerto di due gruppi nazirock e onorare «Quel gladio, quel pugnale, quella camicia nera» cantando con gli Ultima Frontiera «E per le strade tu sentirai un grido di libertà! Erich Priebke libero, Erich Priebke libero, libero, libero!».

In contemporanea – con stupefacente tempismo – il Comune ha inaugurato l’ennesima Kaiserfest: bancarelle con birra e salsicce, prodotti artigianali e cianfrusaglie, così che il centro di Trieste sia sempre un caotico luna park che il sindaco pensa piaccia da matti ai turisti che ogni giorno l’attraversano. Non interessa a nessuno che l’Austria qui ci sia stata per cinquecento anni, non fosse per l’architettura di qualche palazzo, ogni memoria è stata cancellata da cent’anni, però viene utile per organizzare in piazza un grande valzer finale in frac e crinoline. Sempre, come tutto, per la gioia dei turisti.

Con tutt’altro spirito, venerdì sera, i triestini erano scesi in piazza a migliaia contro la funivia di collegamento tra il vecchio porto abbandonato e l’altipiano carsico. Quel progetto del Comune che ha perso il finanziamento dal Pnrr perché violava la normativa europea, ma che il sindaco si dichiara deciso a realizzare comunque. A migliaia non solo contro l’ovovia: un «Ora basta» di chi pretende di essere ascoltato dopo anni di decisioni prese senza trasparenza, senza confronto, lontano dagli interessi di chi Trieste la abita. «Cosa sono cinquemila persone (dati della Questura, ndr) in una città di 200.000 abitanti? Niente!», ha commentato il sindaco per poi scandire: «Chi semina vento raccoglie tempesta». A portare i cinquemila (e più) in piazza è stato un Comitato nato dal basso, tra i cittadini, che ha saputo realizzare una specie di magia: unire e tenere uniti, coinvolgere e dare voce ai cittadini, far nascere la voglia di esserci e l’idea che sia possibile essere protagonisti del proprio futuro.

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