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Trickfilm Stoccarda, animazione e deriva autoritaria

Trickfilm Stoccarda, animazione e deriva autoritaria

Kermesse Il festival internazionale del film d'animazione nella città tedesca, tra ombre e passaggi cult

Pubblicato 6 mesi faEdizione del 11 maggio 2024

Un’ombra ha permeato anche il festival internazionale del film d’animazione di Stoccarda (Internationales Trickfilm Festival Stuttgart, 23-28 aprile), concluso domenica scorsa. Anzi due, seppur strettamente collegate: la deriva autoritaria che si diffonde in Europa e la guerra.

In una delle manifestazioni di settore più importanti del continente che fa della libera espressione artistica e di contenuti la sua missione, la preoccupazione per una involuzione generalizzata nella cultura pesa.

La nuova direttrice artistica Annegret Richter, già curatrice della sezione animazione di Dok Leipzig, ha ribadito nella sua presentazione inaugurale la vocazione aperta e pluralistica del festival. Ha rimarcato quindi anche l’importanza di andare a votare alle prossime tornate elettorali, in primis quelle europee, per fermare chi vuole censurare e limitare la libera manifestazione di idee e forme espressive. L’applauso convinto del pubblico ha mostrato quanto sia un sentire diffuso qui.

Ancora più netto Guillaume Calop, direttore del festival del cinema di Les Arcs (Auvergne-Rhône-Alpes, Francia) che, a conclusione del suo intervento alla tavola rotonda su festival europei di cinema ai tempi delle trasformazioni, ha chiaramente invitato a votare per sconfiggere l’estrema destra. Inevitabilmente c’è chi ha ricordato con sgomento il caso di Scurati censurato dalla tv di Stato italiana dove governa la destra, nonché l’attuale Ungheria di Orban.

Proprio perché raro che responsabili di questi festival si schierino così esplicitamente in termini elettorali, si capisce quale sia il livello di timore diffuso. Al confronto dei «4 motori» regionali di mercoledì hanno partecipato pure le direttrici artistiche Silvia Pareti (anche segretaria generale alla Fondazione Cineteca italiana) del festival Piccolo Grande Cinema (Lombardia) e Carolina López Caballero di Animac a Lleida, Catalogna. Quest’ultima, partendo da quanto sperimentato con successo a Lleida, ha focalizzato sull’importanza di educare i minori all’animazione di qualità, coinvolgendo direttamente i pubblici più giovani a contribuire e partecipare attivamente, come hanno fatto con la generazione Z e gli anime.

Altro punto emerso con intenzioni di coordinamento europeo è l’aumento di eco-sostenibilità delle manifestazioni, misurando e riducendo la loro impronta carbonica (cataloghi on-line, biglietti digitali, più treno e meno aereo per i trasferimenti). A questo scopo esiste il sito greencharterforfilmfestivals.org che fornisce interessanti linee propositive per la realizzazione di festival più compatibili con l’ambiente.

Intanto questo 31° festival della regione Baden-Württemberg ha visto le sue tre sale sempre gremite di spettatori di ogni età e, quando il meteo l’ha permesso negli ultimi giorni, lo era anche il prato davanti al grande schermo all’aperto nella Schlossplatz. Al teatro Gloria 1, fra le cerimonie di apertura e chiusura, sono passati anche i cinque programmi di corti della più importante competizione internazionale (in tutto 35 film).

Una selezione di buon livello complessivo a cui sono destinati tre premi prestigiosi e sostanziosi. Il grand prix viene conferito a Flóra Anna Buda per la sua opera franco-ungherese 27, rappresentazione a forte impatto visivo del dramma di troppi giovani adulti alle prese con precarietà e negazione di realizzazione di una propria vita in autonomia. Il titolo infatti si riferisce all’età di Alice quando si ritrova ancora costretta a vivere con i genitori e il fratellino impertinente, vedendosi negata di fatto gli spazi esistenziali che necessità e desiderio richiederebbero. Uniche vie di fuga possibili da una spenta quotidianità sembrano essere i sogni, nemmeno questi sereni però, e il ballo ritmato. Nemmeno la forte carica erotica, ben espressa con sensuale fluidità delle immagini, può salvarla, compressa com’è dal contesto. Se poi si aggiungono sostanze psicotrope di troppo e una rovinosa caduta in bicicletta all’uscita dalla discoteca, non può che precipitare il punto critico di rottura.

Anche il corto tedesco Dodo di Yi Luo (premio Lotte Reiniger per il miglior film di diploma) narra della difficoltà di crescere, seppur per motivi diversi. Giocato sul colore e la trasfigurazione simbolica, il padre di Dodo è raffigurato come grande uccello dal piumaggio blu intenso che un giorno spicca il volo per non fare più ritorno. Al giovane protagonista si blocca la crescita fino a quando trova il modo interiore di ricomporre il proprio trauma, riuscendo a riprendere il proprio percorso di maturazione.

Di traumi infantili a causa di dittatura criminale o guerra, seguite infine da ricomposizioni difficoltose, ci parlano anche Recordari (Germania) di Caterina Cruz e Mariupol. A Hundred Nights (Ucraina) di Sofiia Melnyk, entrambi film insigniti di menzione speciale. Il primo, animato con pupazzi in stop-motion presso la Filmuniversität Babelsberg Konrad Wolf di Potsdam, raccoglie le memorie familiari dell’autrice che riportano agli anni ’80 in Cile sotto la dittatura di Pinochet. La resa di figura innocente delle due protagoniste amiche di 7 anni di età restituisce efficacemente la terribile quotidianità di una società non più libera sotto il regime militare fra coprifuoco, molestie, violenza e uccisioni. Anche l’altro film, ad alta presa visiva e emozionale, è centrato sui ricordi d’infanzia di un’anziana ucraina fra una città in fiamme rosse per l’invasione russa e la fuga attraverso esplosioni e strade distrutte.

Inaspettato infine, ma non per tutti, il premio del pubblico assegnato all’indipendente britannico Mee and Burd completamente realizzato da Greg Mcleod. Già stravolto nel titolo con i nomi dei due sgraziati protagonisti da pronunciare volutamente come «me and bird», in quasi otto minuti di disegno minimalista animato al computer sono messe in scena sequenze assurde, surreali e insensate con gag dai sapori esistenzialista, semiotico e metafilmico. Anche la minitrama da catalogo scherza: «Una crisi esistenziale post operatoria ispira a un animatore di fare un film su una crisi post operatoria». L’autore si autorappresenta alla meglio in situazioni quasi statiche mentre interagisce con uno sgorbio rosso che assomiglia a un uccello nella funzione di sua coscienza critica, evidenziatore di paradossi e incongruenze, sovvertitore di stereotipi. Molto apprezzato dal pubblico presente divertito, è stato percepito da subito come il cult del festival.

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