L’Italia si chiama fuori dal negoziato sul trattato pandemico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Lo sa la stampa (il ministro della salute Orazio Schillaci ha rilasciato con molto anticipo un’intervista a Mediaset esprimendo contrarietà a questo accordo) e la notizia non ancora uscita è comunque trapelata, ma non lo sa ancora l’Oms, riunita questa settimana nella sua settantasettesima assemblea mondiale a Ginevra.

In una delle sue fugaci apparizioni, Schillaci ieri ha preso la parola in plenaria con un intervento che ha affrontato diverse questioni – salute e conflitti, il piano del G7 di lavorare sulla architettura sanitaria globale, la resistenza antimicrobica e le soluzioni digitali per la salute – ma ha completamente evitato ogni accenno alla questione al centro dei lavori di settimana. L’accordo pandemico, promosso innanzitutto dall’Europa nel 2021 con l’adesione incondizionata del ministro Speranza, punta a preparare una strategia di prevenzione preparazione e risposta alle prossime pandemie. L’obiettivo di raggiungere il consenso tra i 194 stati membri per chiudere il negoziato prima della assemblea, come era stato stabilito alla Sessione speciale dell’Oms nel dicembre 2021, non è stato raggiunto. Del resto, si trattava di una tempistica assurda per costruire un serio percorso diplomatico. I delegati però hanno fatto un lavoro estenuante in questa corsa contro il tempo, con sessioni senza sosta, prolungate nel pieno della notte.

Mentre scriviamo, la discussione verte su come articolare le prossime fasi sul trattato pandemico per non perdere il lavoro fatto finora e sciogliere i complessi nodi negoziali ancora in sospeso. Al contrario della Argentina di Milei, che ha espresso a chiare lettere l’intenzione di non sostenere il trattato, l’ Italia non ha profferito parola. Tutti i delegati hanno favorevolmente sostenuto l’idea di proseguire, mettendo in evidenza diverse questioni cruciali da risolvere: la centralità dell’equità nella distribuzione del prodotti pandemici, l’accesso agli agenti patogeni e la condivisione delle informazioni, la responsabilità legale (liability) delle industrie farmaceutiche, il principio di solidarietà e inclusione, il trasferimento di tecnologie e la obbligatorietà di alcune clausole del trattato, soprattutto in materia di proprietà intellettuale. Al negoziato occorrerà il giusto respiro, hanno detto i rappresentanti di Canada, Malesia, Filippine, Tanzania, fra gli altri. E una modalità più partecipativa, come richiesto dai paesi africani. Ma si va avanti.

Qual è il problema dell’Italia? La questione riguarderebbe la cessione di sovranità nazionale all’Oms nella eventualità di una prossima pandemia. Sarebbe interessante chiedere al ministro se ha mai letto la attuale versione del trattato. A quali articoli si riferisce? Ha mai prestato attenzione agli articoli 24 e/o 26 del testo, in cui si afferma la tutela della sovranità nazionale dei paesi? Dubitiamo che Schillaci saprebbe rispondere.

Inoltre, perché invece di porre il problema apertamente, nel rispetto della delegazione che ci ha messo la faccia finora, è filato via dal palazzo delle Nazioni unite senza rendere conto al mondo della posizione del governo italiano, che fra l’altro presiede il G7?

Il problema è duplice. E serio. Più che a criteri di competenza, la posizione di Schillaci si ispira alla campagna di matrice trumpiana contro l’Oms in voga dagli anni della pandemia. Una ideologia sovranista ben finanziata ed organizzata che gode di adepti dentro la maggioranza governativa. Il comportamento del ministro Schillaci all’Oms dimostra scarso rispetto nei confronti della azione intergovernativa, mancanza di trasparenza, scarsa assunzione di responsabilità. Di questo passo non c’è molto da fidarsi, nel caso di una prossima pandemia.