Meloni e Macron all'Eliseo, foto Ansa
Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron – Ansa
Politica

Tra Meloni e Macron una tregua d’interesse

L'incontro all'Eliseo Migranti, guerra e regole europee avvicinano i leader. Per Expo la Francia tifa Arabia Saudita
Pubblicato più di un anno faEdizione del 21 giugno 2023

Le comunicazioni congiunte di due capi del governo al termine di un incontro sono prassi abituale. Quelle prima del colloquio invece sono merce rara. Il presidente Macron e la premier Meloni hanno però scelto questa bizzarra formula, su insistenza dell’italiana e con un francese che appariva alquanto imbarazzato. In questo modo sono scivolate ai margini le questioni più immediatamente concrete, i nodi della Tav con i tempi della tratta francese in forse, di Tim che il socio francese Vivendi non intende vendere ai prezzi proposti, della sfida per Expo 2030, con la Francia che parteggia per l’Arabia Saudita.

I leader hanno duettato in perfetta sintonia su capitoli più epocali ma meno concreti: immigrazione, guerra, nuove regole europee. Ma l’obiettivo dello show, almeno per Giorgia Meloni, era proprio dimostrare che le tante parole spese in questi mesi per descrivere tensioni e frizioni tra Roma e Parigi erano prive di fondamento, o lo sono diventate nel frattempo.

Macron si presta: gli interessi comuni di Italia e Francia sono troppi e troppo corposi. Esordisce con le «sincere condoglianze» per la scomparsa di Berlusconi, prosegue esaltando la grande amicizia tra i due Paesi «che permette talvolta di far vivere le controversie, i disaccordi, ma in un quadro sempre rispettoso».

Permettono di ricomporre dissidi e incomprensioni soprattutto faccende di stringente urgenza come la crisi tunisina, sulla quale, sottolinea Macron, «abbiamo una visione condivisa». Sull’immigrazione aggiunge che bisogna «lavorare con i Paesi di transito e di arrivo per evitare i flussi» e chiude in crescendo: «Vogliamo rafforzare il controllo delle nostre frontiere esterne. Non c’è una buona politica dell’immigrazione senza una politica coerente di difesa delle frontiere comuni».

È musica per le orecchie della premier che però non si accontenta e rincara: «Bisogna finirla con la diatriba tra movimenti primari e secondari: non si possono governare i movimenti secondari se non si lavora insieme a monte su quelli primari». Solo parole, almeno per ora, ma parole che vanno nella direzione indicata dal governo italiano, quella dell’intera Europa impegnata a fare muro nel Mediterraneo e nel partenariato con i Paesi africani. Se sul fronte reale dell’immigrazione non è affatto detto che le parole si traducano presto in fatti, sul fronte della politica interna sono certamente spendibili, soprattutto dopo l’eco che avevano avuto le tensioni con Parigi.

Meloni parla anche di nuove regole europee e usa toni drastici: «Non possiamo consentire che tornino parametri oggi inadeguati. Gli investimenti sulle materie strategiche come transizione verde o digitale e aiuti all’Ucraina non possono essere considerati come gli altri». È l’altro fronte sul quale i due Paesi combattono la stessa battaglia, contro la spinta neorigorista di Germania e frugali. I solenni richiami all’Ucraina, la scelta proclamata da entrambi di continuare a sostenere l’Ucraina arma su arma, hanno il loro peso ma il cemento è la battaglia comune sull’immigrazione e sulle regole europee.

Da questo punto di vista la visita di Meloni a Parigi è un successo. Sul vero tema che ha motivato l’escursione, Expo 2030, si vedrà. La premier, scortata dal governatore del Lazio Rocca e dal sindaco di Roma Gualtieri, ha esposto le ragioni per cui bisognerebbe scegliere Roma, la serata di luci e italiche leccornie all’ambasciata italiana è una mossa astuta per dimostrare le capacità del belpaese. Riad resta favorita ma forse un po’ meno di prima.

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