Tra Galles e Australia vince il “libanese”
Australia-Galles: un grande duello. Mentale e tattico. Una partita giocata sul filo e un equilibrio che si è interrotto soltanto dopo un’ora di gioco e nel più imprevedibile dei modi, […]
Australia-Galles: un grande duello. Mentale e tattico. Una partita giocata sul filo e un equilibrio che si è interrotto soltanto dopo un’ora di gioco e nel più imprevedibile dei modi, […]
Australia-Galles: un grande duello. Mentale e tattico. Una partita giocata sul filo e un equilibrio che si è interrotto soltanto dopo un’ora di gioco e nel più imprevedibile dei modi, quando la sorte sembrava dover sorridere ai gallesi. E dentro il grande duello, altri duelli, altre sfide da decidere. La sfida a distanza tra Michael Cheika e Warren Gatland, i due allenatori. E quella, sul campo, tra Bernard Foley e Dan Biggar, i due migliori mediani di apertura di questo mondiale.
Cheika, il libanese (ma ha anche ascendenze irlandesi). Un tipo sanguigno. Giocatore a Randwick, il miglior club di Sydney, dove si insegna che il rugby è raffinatezza. Poi giramondo, in Francia e in Italia (Livorno). E poi ancora milionario nel settore dell’abbigliamento. E infine allenatore vincente, sempre in giro per il mondo. Lo voleva la nostra federazione, per sostituire Brunel, ma il libanese ha scelto Sydney (Waratahs) e l’Australia. Dice che allena per divertimento, perché ha già fatto abbastanza soldi con la moda. Ha subito portato i wallabies alla vittoria nell’International Championship, e ora sta puntando al titolo mondiale.
Gatland, il neozelandese, “The Man from Waikato”. Una lunga striscia vincente con i London Wasps e poi con il Galles, dopo un passaggio sulla panchina dell’Irlanda. Quarto posto ai mondiali del 2001 e poi subito due Sei Nazioni vinti di fila. I gallesi lo amano come se fosse nato lì.
La sfida al Twickenham, che valeva il primo posto nel girone e dunque la possibilità di incontrare nei quarti la Scozia anziché il Sudafrica, l’hanno impostata con sapienza infinita, ben sapendo che solo dei singoli episodi, scaturiti dall’errore di un momento, avrebbero deciso il match.
Alla fine ha vinto il libanese e l’Australia troverà gli scozzesi, l’avversario più debole tra le prime otto.
Per un’ora la partita è stata in perfetto equilibrio. Gallesi migliori nelle touches, wallabies più forti in mischia chiusa. Difese invalicabili, nonostante l’assenza tra gli australiani dello squalificato Michael Hooper, gran cacciatore di palloni e assatanato placcatore. Galles avanti con un piazzato di Biggar, subito pareggiato da un calcio di Foley. E avanti così, con entrambe le squadre a difendere ogni metro e a chiudere tutti i varchi. Scontri all’ultimo sangue nei punti di incontro, pressione asfissiante. Calcio di Foley (6-3), poi risposta di Biggar (6-6), e poi ancora Foley (9-6) mentre l’apertura gallese sbagliava la replica. Si andava al riposo con l’Australia avanti di soli 3 punti, una minuzia.
La ripresa ha visto i gallesi sugli scudi, aggressivi più che mai, ma era ancora un calcio di Foley che consentiva agli australiani di portarsi a più 6. Poi l’equilibrio si è rotto. Nel giro di quattro minuti l’arbitro, il sudafricano Joubert, mostrava il cartellino giallo prima a Will Genia e poi a Dean Mumm, e i wallabies si trovavano con due uomini in meno, un’enormità in un match tanto equilibrato. Partiva così l’assalto all’arma bianca alla linea di meta australiana. E qui il Galles ha perso la partita. In quei quattordici minuti giocati in superiorità numerica gli uomini in rosso hanno fatto il possibile per mettere sotto gli avversari, schiacciandoli a ridosso della linea ma senza mai riuscire a superarla con il pallone in mano.
E dall’altra parte l’Australia ha esibito la più incredibile prestazione difensiva mai vista a un mondiale di rugby: ha ingaggiato mischie chiuse con soli sette uomini e ha retto l’impatto, ha placcato, spinto, commesso piccole nefandezze negli angoli più oscuri dei raggruppamenti. Ha resistito. Il Galles è uscito da quel quarto d’ora senza un solo punto in più ed è stato come se avesse subito due mete. Quando la parità si è ristabilita, la partita era chiusa, decisa: fallo della difesa gallese, penalty di Foley, 15-6. E adesso beccatevi gli Springboks, ragazzi in maglia rossa.
Domenica tocca all’Italia
A Exeter (15.30) trova la Romania che martedì ha sconfitto a sorpresa il Canada. Ora i rumeni sono al quarto posto del girone, un solo punto sotto gli azzurri.
[do action=”citazione”]Chi vincerà la partita si assicurerà la qualificazione automatica alla coppa del mondo.[/do]
E’ una sfida dalla quale gli azzurri hanno tutto da perdere e i rumeni tutto da guadagnare: un handicap in più per la squadra di Brunel che giunge così all’ultima partita del mondiale nelle condizioni peggiori, sia per le assenze (il capitano Parisse, Ghiraldini, Castrogiovanni, Garcia e Rizzo) sia per il morale.
La Romania è una squadra che può dare molti problemi agli azzurri nei punti di incontro, là dove il confronto si fa più fisico, mentre è nettamente inferiore nel gioco in campo aperto. Sarà dunque una sfida faticosa e per nulla scontata.
I malumori in casa azzurra per un mondiale dove nulla è andato per il verso giusto sono resi ancor più evidenti dalle scelte compiute da Jacques Brunel, che ha deciso di non portare nemmeno in panchina Mauro Bergamasco, il giocatore con maggior esperienza e carattere nel gruppo. Una scelta che molti non gli perdoneranno qualora in campo le cose si mettessero male.
Giocano: McLean, Sarto, Campagnaro, Benvenuti, Venditti; Allan, Gori; Zanni, Favaro, Minto; Furno, Geldenhuis; Cittadini, Manici, Aguero.
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