Tornare al cinema, ma dietro ai banchi
Bussole Una riflessione a più voci sul senso della critica oggi, in rapporto al suo «oggetto filmico» in mutazione. Un radicale restringimento, un ruolo pedagogico da sperimentare, una cultura nuova
Bussole Una riflessione a più voci sul senso della critica oggi, in rapporto al suo «oggetto filmico» in mutazione. Un radicale restringimento, un ruolo pedagogico da sperimentare, una cultura nuova
Il cinema così come lo si fa e lo si vede e lo si critica è il molto poco che resta dopo un cambiamento radicale, la sua mutazione essendo la più radicale nel campo dello spettacolo in rapporto per esempio con il teatro, con la musica e con la fotografia, ma forse parallela, curiosamente, con la pittura che la sua funzione sociale l’ha persa da molto più tempo.
Nulla è mai eterno nel mondo dell’espressione artistica e, soprattutto, nel caso di un’arte così legata alla tecnica come è stato il cinema – dal muto al sonoro al fallito tentativo della terza dimensione. Nel sistema capitalistico, i vecchi saggi ci hanno messo in guardia: è un sistema in cui i figli divorano i padri appena possono, per essere messi a loro volta nel cantone da nuove invenzioni, da nuovi investimenti, da nuovi mercati. Da nuovi padroni, peraltro via via più abili e forti, più spietati. Il cinema così come noi abbiamo potuto conoscerlo nel corso del ventesimo secolo non c’è più, e quel che ne resta può anche far ridere – confrontando i suoi con quelli di un tempo, con le sue sale di prima, seconda e terza visione e con le sue arene estive e le sue sale parrocchiali, e perfino, un tempo, con i suoi festival dell’Unità sponsorizzati dall’Urss…
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Il cinema non esiste senza occhi che guardano nell’oscuritàIl cinema non ha più un peso, non riguarda più le masse e il loro bisogno di conoscenza e di sogno, anche se ogni tanto i tycoon hollywoodiani provano a illuderciIn tutto questo, qual è il peso residuale, il ruolo della critica? La funzione mediatrice su cui è nata e cresciuta – di informazione, di discussione – lascia aperta, anche se estremamente ridotta – la prima funzione, quella giornalistica, anche se la scarsità dei prodotti (con le conseguenze per esempio di un divismo residuale, minimale) riduce il suo peso di molto anzi moltissimo. Quella critica ne è stata perlopiù travolta e assorbita, in una misera marginalità «fanzinara», con le povere sopravvivenze di pochi festival (solo due quelli che ancora spingono qualche giornale e qualche tv a inviare dei corrispondenti, e più per l’informazione che per la critica).
La vera novità è stata quella universitaria, dove i critici più portati hanno trovato uno spazio e uno stipendio, adeguandosi alle (brutte) regole ivi in uso in fatto di carriera. E di metodi di insegnamento. E non bisogna ovviamente dimenticare le fanzine da computer, per i nostalgici del cinema di una volta e per gli instancabili grafomani e chiacchieroni da internet. No, la critica cinematografica ha oggi spazi davvero piccoli, come conseguenza del ridotto interesse del cinema, dei film.
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Un campo da gioco necessario contro tutti gli editti del tempoA questo potrebbero ancora servire i critici cinematografici entrando nella scuola, e facendosi inoltre una cultura anche in campo pedagogico.
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