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Torino si fa in quattro. Il centrosinistra sceglie il candidato

Torino si fa in quattro. Il centrosinistra sceglie il candidato

Amministrative Da oggi i gazebo delle primarie. Sono tutti uomini, tutti sì Tav. L’ex città-fabbrica di fronte al futuro dopo la parentesi grillina

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 12 giugno 2021

Se nel 2011, all’alba della giunta Fassino e dopo i caldissimi giorni del referendum a Mirafiori, avreste osato dire che il prossimo sindaco di Torino sarebbe stato colui che aveva detto addio alla Fiat sarebbe stata considerata lesa maestà. Toccavi un tabù per quella che era stata la città-fabbrica: il Lingotto dettava l’agenda. A conti fatti, o meglio a posteriori, quell’addio è consumato: traslocate le sedi fiscali e legali e, nonostante i numerosi incentivi pubblici, ridimensionati la presenza locale e i progetti sul territorio. Ed è cambiato il nome in Stellantis. Un passaggio storico che ha lasciato problemi aperti – identitari, occupazionali, sociali – fotografati anche nelle mappe del reddito, diviso per quartieri, che rappresentano plasticamente quella frattura metropolitana tra pezzi di città che non è stata ricomposta dall’amministrazione a Cinque stelle. Si tratta di temi che, in modo forse troppo sfumato, sono entrati anche nel dibattito delle primarie del centrosinistra, che si svolgono oggi e domani in vari gazebo sparsi per la città. Sono le prime della nuova tornata, seguiranno Bologna e Roma.

I CANDIDATI SONO QUATTRO, tutti uomini (aspetto che ha sollevato polemiche): due del Pd, un radicale e un civico. Si trata di Igor Boni, sostenuto dai Radicali e + Europa, Enzo Lavolta, Pd che ha trovato appoggio fuori dal partito con l’aiuto di Verdi e Articolo 1; Stefano Lo Russo, Pd sostenuto dall’establishment del partito; Francesco Tresso, civico, consigliere comunale uscente che ha ottenuto l’appoggio di Sinistra ecologista la nuova lista che unisce Sinistra Italiana e Possibile. L’incognita sarà l’affluenza, l’obiettivo è 30 mila voti; nel 2011 furono in 55 mila a scegliere tra Davide Gariglio e Piero Fassino (ricandidatosi nel 2016 e sconfitto da Chiara Appendino). Il vincitore delle primarie dovrà probabilmente vedersela al ballottaggio con il candidato del centrodestra Paolo Damilano, ufficializzato dopo vari tentennamenti. E dovrà affrontare il rapporto con i 5 Stelle, che potrebbero candidare la capogruppo in Sala Rossa Valentina Sganga (o Andrea Russi), lontani dagli exploit di cinque anni fa. Un’alleanza sponsorizzata a livello nazionale dai dem ma respinta dal partito a Torino. È tuttora un punto che divide i quattro candidati, spaccati tra gli aperturisti Lavolta e Tresso, disponibili a una relazione con i pentastellati, e i refrattari Boni e Lo Russo.

FRANCESCO TRESSO nelle ultime ore ha ottenuto gli endorsement di Claudio Marchisio, Elly Schlein e Fabrizio Barca. Vuole ricucire le realtà della città; parla di una Grande Torino: «Un orizzonte che coinvolge non solo il sindaco del capoluogo, ma tutti i sindaci dell’area metropolitana in un’ottica di collaborazione e non di competizione». Ritiene «la rivoluzione tecnologica in corso un’opportunità da cogliere per il rilancio dell’industria torinese, coniugata con la sostenibilità ambientale».

ENZO LAVOLTA, consigliere e già assessore comunale, tra i quattro è quello che vanta un miglior rapporto con la sindaca Appendino; la sua campagna parla di «ascolto, interazione e cooperazione». Vuole per primo incontrare i giovani: «È tempo di un nuovo patto intergenerazionale». Vorrebbe «una città policentrica» e «un sistema di trasporti integrato e al servizio dei cittadini», «trasformare la questione ambientale in opportunità economica». Stefano Lo Russo, agguerrito capogruppo in Sala Rossa, già renziano, ha il sostegno di tutti gli ex sindaci, Valentino Castellani, Sergio Chiamparino e Piero Fassino. In cima al suo programma, il lavoro: «Dobbiamo ricostruire una città che torni a produrre lavoro, soprattutto per i giovani. Servono politiche pubbliche che facciano leva sui settori strategici dell’automotive e dell’aerospazio. E bisogna semplificare le cose a chi fa impresa». Punta a Torino capitale della cultura europea 2033. Per il radicale Igor Boni è necessaria, per arrestare, il declino un’alleanza con Milano («Non voglio si ripeta l’errore fatto sulle Olimpiadi») e «un’alleanza con l’Europa che è il motore del nostro progresso». Concordano tutti e quattro sul sì al Tav.

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