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Torino, corteo e fiaccolata sfidano i divieti della questura

Torino, corteo e fiaccolata sfidano i divieti della questuraCorteo al Politecnico di Torino contro gli accordi con Israele nella scorsa primavera – LaPresse

L'iniziativa Legal team: «Alla manifestazione per difendere umanità e democrazia. Atti gravissimi in corso contro la popolazione di Gaza e adesso del Libano»

Pubblicato circa un mese faEdizione del 8 ottobre 2024

In piazza contro il divieto di manifestare imposto dalla questura. Comitati, associazioni e collettivi Pro-Pal si sono dati appuntamento in serata a Torino «per sostenere la Palestina, la sua resistenza e il Libano» e per denunciare il genocidio in corso a Gaza. Due i cortei. Uno dal Campus Einaudi dove nel tardo pomeriggio aveva parlato Mjriam Abu Samra, ricercatrice e attivista italo-palestinese, guidato dagli universitari dell’Intifada studentesca, aperto dallo striscione «Un anno di resistenza, un anno di genocidio». E un altro da piazza Arbarello con gli studenti medi che si sono diretti verso una piazza Castello completamente blindata, dove è iniziata la fiaccolata. I manifestanti avevano stretti tra le mani centinaia di fogli con i nomi dei «martiri del genocidio». Più di 600 pagine incollate ai lastroni della piazza.

Alla stessa ora, a poco più di un chilometro da qui, in piazzetta Primo Levi, nei pressi della sinagoga, c’è stata la fiaccolata della comunità ebraica a un anno dalla strage del 7 ottobre. È stata una vigilia travagliata, piena di tensione. Il questore di Torino, Paolo Sirna, aveva prescritto ai comitati organizzatori di svolgere le iniziative «in data diversa ed esclusivamente in forma statica». Gli attivisti hanno scelto di esserci comunque: per i 41mila morti a Gaza uccisi dai raid israeliani e per difendere un diritto costituzionale. «Il diritto a manifestare il nostro dolore, la nostra rabbia e il nostro supporto per chi resiste alla furia genocida in Palestina, a manifestare il nostro dissenso nei confronti delle istituzioni che supportano mediaticamente, economicamente e militarmente questo genocidio è un diritto costituzionale», ha scritto in una nota il coordinamento Torino per Gaza.

«Non usciamo in piazza soltanto per la Palestina e il Libano ma per i nostri stessi diritti calpestati da censura, intimidazioni istituzionali e repressioni violente. Questa fiaccolata nasce da una duplice necessità: commemorare i civili uccisi e collocare gli eventi in un contesto più ampio, all’interno del quale il diritto a resistere dei popoli palestinese e libanese deve essere tutelato e non sepolto strumentalmente sotto vuoti slogan di “diritto alla difesa” e “attacchi preventivi”. Questa propaganda non trova riscontro nella realtà storica né nel diritto internazionale. Rifiutiamo le etichette che ci vogliono criminalizzare».

In piazza, ieri sera, si sono radunate un migliaio di persone tra studenti, cittadini e famiglie, circondati da uno schieramento massiccio di forze dell’ordine. «Non ci fermeranno i divieti della questura – hanno detto dai microfoni gli attivisti – non ci fanno paura i manganelli». Slogan, il più gridato «Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera» e ancora «Intifada fino alla vittoria», cartelli per Gaza libera e per il Libano, altri contro la premier Meloni, cori contro Netanyahu, bandiere della Palestina. Il corteo si è poi diretto in via Po e sotto la Rai di via Verdi, qui ci sono stati attacchi ai giornalisti: «Siete dei bugiardi con lo stipendio dello Stato». Ed è terminato in piazza Vittorio, dove sono state bruciate bandiere di Israele.

Tra i manifestanti, proprio per tutelare una libertà democratica, gli avvocati del Legal Team: «Anche noi siamo alla fiaccolata per esercitare il nostro diritto di manifestazione del pensiero ma anche per cercare di difendere quello che resta della nostra umanità e democrazia costituzionale. Purtroppo il questore, forse vittima della campagna mediatica che da mesi difende i crimini del governo di Israele, o forse mal informato dai suoi stessi uffici, sembra aver dimenticato o non aver colto che il 7 ottobre è la data di inizio di uno dei più evidenti e gravi atti contro i diritti fondamentali di un’intera popolazione e di messa in atto di un programma genocidiario ai danni di Gaza e oggi del Libano».

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