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Torino, Askatasuna bene comune: al via la coprogettazione

Torino, Askatasuna bene comune: al via la coprogettazioneTorino, centro sociale Askatasuna – LaPresse

La sperimentazione Il comune riconosce il valore di un’esperienza viva da 28 anni. Algostino: «Si cambia rotta rispetto alle politiche di repressione». I promotori: «Lo scopo è mantenere attiva una comunità propositiva nel quartiere Vanchiglia»

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 31 gennaio 2024

Ieri non era una mattina come tutte le altre: è iniziata una sperimentazione, con tutti i suoi dubbi, ma anche il coraggio di intraprenderla. È stata, infatti, approvata in giunta una delibera – a firma della vicesindaca Michela Favaro e dell’assessore Jacopo Rosatelli – che, recependo la proposta di un gruppo di cittadini, avvia un percorso di riconoscimento di bene comune per l’immobile di corso Regina Margherita 47 e, contemporaneamente, inaugura un tavolo di coprogettazione per il sito. L’edificio è casa da quasi 28 anni del centro sociale Askatasuna, che da tempo vive sotto l’incombente minaccia di sgombero. Una realtà sociale viva e dissenziente, attiva sul territorio, scomoda tanto da finire sul banco degli imputati per «associazione a delinquere». Un’accusa respinta dai militanti e da un mondo impegnato che ruota intorno all’esperienza battezzata, non a caso, «associazione a resistere».

IL DIALOGO tra Askatasuna e i suoi sostenitori, da un lato, e il Comune dall’altro, va avanti da mesi ed è stato formalizzato dall’invio di una proposta di collaborazione, il 22 dicembre scorso, all’ufficio Beni Comuni della città da parte di un gruppo di cittadini: lo psichiatra basagliano Ugo Zamburru, il fondatore dei Subsonica Max Casacci, insieme a Elisa Turro, Rosa Lupano e Loredana Sancin. La proposta ha come obiettivo «mantenere viva una comunità propositiva» inserita nel quartiere Vanchiglia, aumentandone «il carattere sociale e aggregativo» con «una rigenerazione dell’immobile» (messa in sicurezza del piano terra) e la «valorizzazione di una serie di attività»: organizzazione di eventi a tema culturale che rispecchino i valori dell’antifascismo, antisessismo e antirazzismo, una palestra popolare a titolo gratuito, uno studio di registrazione per autoproduzioni dal basso, una biblioteca.

«E, PERCHÈ NO, uno sportello sui disturbi alimentari – dice Zamburru -. Si gioca una partita importante a tutela del dissenso e si apre un tavolo tra Askatasuna, cittadini proponenti del progetto, garanti del percorso e Comune per immaginare un futuro aperto e fruibile da tutti. Nessuno ha finora fatto un passo indietro, ma si è fatto in avanti, ciascuno rinuncerà a un pezzetto. Bisogna salvare l’esperienza che c’è, mettendo in sicurezza lo spazio e aprendolo a tutti. Solo le reti sociali ci possono salvare».

IL PERCORSO è accompagnato da garanti o, meglio, sostenitori che vogliono preservarne il valore comunitario. Tra loro, Alessandra Algostino, docente di Diritto costituzionale all’Università di Torino: «La delibera è una scelta coerente con una visione della democrazia che riconosce all’espressione del conflitto, anche radicale, il valore della partecipazione dal basso e dell’autorganizzazione di attività sociali e culturali. Torino, scegliendo la via del confronto, ha mostrato la possibilità di una risposta diversa da quella dell’ordine pubblico e della repressione del dissenso. Una via originale, democratica, che riconosce concretamente il valore del pluralismo. Il centro sociale Askatasuna ha mostrato la capacità di sperimentare forme alternative per proseguire una attività politica, culturale e sociale, per continuare a essere un soggetto politico e sociale di riferimento. Non è e non sarà un processo semplice, ma è la complessità della democrazia».

IL CENTRO SOCIALE si è riunito in serata e quest’oggi renderà pubblica la sua scelta. Il primo passo dovrebbe essere il rilascio spontaneo dell’immobile, a cui seguirà un intervento per risolvere problemi strutturali e di sicurezza. «Siamo consapevoli – spiega il sindaco Stefano Lo Russo – della portata politica della nostra decisione, ma vogliamo provare a individuare un percorso diverso da meccanismi repressivi in un quadro di legalità. Se ci saranno utilizzi impropri la coprogettazione sarà interrotta». La destra tutta va all’attacco: chiedono l’intervento del ministro Piantedosi e reclamano lo sgombero. «Credo che per Torino – dichiara Alice Ravinale, capogruppo in comune di Sinistra ecologista – sia una giornata importante: questa città, che negli ultimi anni è stata un laboratorio di repressione del dissenso, cambia rotta. Questa è anche la prima applicazione avanzata del regolamento dei beni comuni urbani, che in una città con tanti immobili vuoti può diventare strumento per valorizzare anche esperienze autogestite che rigenerano vuoti fisici e danno risposte a bisogni sociali, culturali e d’incontro».

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