A Napoli, in tempi di Natale ma non solo, si gioca la «tombola scostumata», o «tombola dei femminielli», una versione della tombola molto particolare, tra gioco e divinazione, che affonda le sue radici in una tradizione antichissima. Da oltre trent’anni Gino Curcione, storico attore partenopeo, ne porta in scena una versione raffinata e salace nei teatri napoletani. La sua tombola nacque da una ricerca sul campo commissionatagli nel 1984 da Pino Simonelli, docente di scenografia e antropologo, tra i primi studiosi del «terzo genere». Racconta Curcione: «Studiavo all’Accademia di Belle Arti. Con Simonelli avevamo concordato una tesi sull’arredamento dell’ex case chiuse del primo Novecento ma il materiale era poco. Un pomeriggio camminavo nei quartieri spagnoli alla ricerca di elementi, quando fui attirato da alcune voci femminili che ’tiravano’ i numeri. Mi avvicinai, era il basso di quella che poi seppi essere la mitica Frangettella. “Che fate?” – chiesi. “Tiriamo la tumbolella”. “Ma non si gioca a Natale?”. “Noi la facciamo a Natale, e tutto l’anno. Ogni giovedì e sabato, ogni volta in una casa diversa. Iniziamo alle 7 di sera e finiamo alle 4”. “Posso entrare a vedere?” “No! Qua possono entrare solo femmine, uomini vecchi, creaturi e femminielli”. “Ma sono femminiello anche io!” No, tu sei studente!». In qualche modo la convinsi, anche grazie all’aiuto di alcune amiche trans della zona. Decisi allora di lavorare su quello, con il consenso del mio insegnante che fu molto affascinato dalla ricerca». Frangettella spiegò poi il perché di quella «selezione»: l’anziano indica la saggezza, i bambini innocenza, i femminielli da sempre a Napoli sono simbolo di buon augurio.

OGGI questo spettacolo, andato in scena per la prima volta nel 1991, è un cult delle feste natalizie, negli anni mantiene e accresce un pubblico misto e affezionato. Nella prima parte Curcione produce un excursus storico e antropologico sulla cultura partenopea, in particolare sul numero. La numerologia, la divinazione e l’interrogazione dei sogni provengono da popoli quali assiri, egiziani, babilonesi la cui cultura era stata in qualche modo assimilata dai greci fondatori di Partenope. «I significati dei numeri li abbiamo poi attribuiti noi», continua Curcione che nella sua tombola scostumata veste i panni di una signora elegante e esuberante che invita il pubblico sul palco a ritirare le vincite. «Mi sono attenuto ai numeri che Concetta Barra ’tira’ nella famosa scena del panariello, frutto delle ricerche e interviste che De Simone aveva fatto per La Gatta Cenerentola».

A PORTARE avanti la «storia» della tombola scostumata ci pensa anche Loredana Rossi, pasionaria esponente del movimento trans napoletano che nel 2007 fondò ATN Associazione Trans Napoli, prima sul territorio a fornire servizi di assistenza e consulenza legale alla comunità transgender di Napoli e provincia. Loredana nel tempo ha ripreso alcune tradizioni e antichi riti dei femminielli – la juta a Montevergine, la figliata, la tombola – attorno a cui si riunisce la comunità queer, e non soltanto, partenopea. Quest’anno l’evento, come sempre benefit, è ospitato dal ristorante 53 (prossimo appuntamento il 21 dicembre) in pieno centro storico, luogo che da sempre accoglie le iniziative di ATN e delle associazioni lgbtqi locali.
Ad affiancare Loredana nell’esilarante e estrazione dei numeri, Samantha che arricchisce la serata con canzoni del suo repertorio neo melodico pop queer che richiama lo stile de Le Coccinelle, storico gruppo di sceneggiata trans napoletana. La platea è mista: ragazze e ragazzi giovanissimi, curiosi, professionisti, lo scorso anno anche un gruppo di documentaristi ripresero l’evento. Loredana spiega che la genesi della tombola scostumata risale ai tempi del re Carlo III. «Il gioco del Lotto era stato proibito durante le feste di Natale. Ma i napoletani trovarono il modo di continuare a giocare. A ogni numero della tombola scostumata fu attribuito un significato, un modo di dire, una spiegazione: così quando le guardie passavano per le case, non si accorgevano di cosa stesse succedendo. La tombola veniva ’tirata’ dalle voci bianche, i così detti castrati. Da allora la tiriamo noi femminielli». E aggiunge: «Per noi la tombola scostumata è una cosa normale. La facciamo da sempre. Ora invece tutto fa scena, tutto è ’cultura’». E, proprio nel momento in cui Napoli, considerata la città più «cool», più «gourmet», più «cheap» del momento è letteralmente presa d’assalto da ondate di turismo incontrollato, ci sarebbe da aggiungere che tutto fa merce.

PER CAPIRE cosa intende Loredana basta fare un giro sul web dove si affollano proposte di versioni più o meno uguali di «tombole scostumate» ribattezzate «tombole vajasse», a misura di turisti in cerca di folclore pret a porter. In ristoranti e locali, tra una portata di «cibo tipico» e l’altra, attori travestiti da femminielli spiegano le regole del gioco, chiedendo l’aiuto del pubblico per traduzioni simultanee in più lingue. Mettono in scena una tombola epurata e «comprensibile», un vero e proprio format di (avan) spettacolo relativamente recente, ben collaudato e richiestissimo.
La «tombola vajassa» è un must del periodo natalizio, venduta in pacchetti organizzati ai tour operator che acquistano serate o pomeriggi per gruppi interi: italiani, americani, francesi, tedeschi. Turisti felici e inebriati, a cui questa Napoli di cuoppi fritti e spritz, tutta da mangiare e consumare, così particolare ma anche così uguale alle altre città invase dal turismo di massa, deve sembrare una sorta di paese della cuccagna, un enorme parco giochi esotico dove sfrenarsi. Con buona pace delle ricerche antropologiche e delle secolari tradizioni dei femminielli che da sempre abitano questa città.