Tom, «Racconto le conseguenze di allontanarsi da chi si ama»
Venezia 73 Il ritorno del regista americano a sette anni da «A single man» con il film «Nocturnal Animals» presentato in concorso
Venezia 73 Il ritorno del regista americano a sette anni da «A single man» con il film «Nocturnal Animals» presentato in concorso
«Mi sono innamorato di loro, della loro spontaneità» racconta Tom Ford parlando delle «modelle» molto oversize che aprono il suo nuovo lavoro, Nocturnal Animals. Il regista dice infatti che mentre girava si è reso conto di come la sequenza che serviva a introdurre lo spettatore nell’universo del film – il mondo eccessivo dell’arte contemporanea americana per come potrebbe sembrare agli occhi di un outsider, spiega Ford – finisca per racchiuderne l’intero senso: «Liberarsi dall’idea di dover essere ciò che gli altri si aspettano». Il mondo upper class e «assurdo» del mercato dell’arte è però solo una delle due dimensioni del film, parallelamente un thriller che si svolge nella mente della protagonista Susan (Amy Adams) mentre legge il manoscritto inviatole da Edward, l’ex marito scrittore (Jake Gyllenhaal).
«Ma in realtà – spiega ancora Ford – non è che la stessa storia, almeno da un punto di vista emotivo». La violenta crime story ambientata nel deserto del West Texas è infatti metafora del naufragio della loro relazione, «un modo di spiegare a Susan la devastazione che il suo abbandono ha portato nella vita di Edward». Ed è questo, spiega Ford, il senso del suo lavoro, molto più della vendetta che si consuma in entrambe le linee narrative.
Nocturnal Animals è l’adattamento di un romanzo, Tony and Susan di Austin Wright, che Tom Ford dice di aver scelto perché trattava un tema a lui molto caro: la lealtà. «Nella vita quando si incontrano delle persone importanti non bisogna mai abbandonarle. Il mio è un racconto ammonitorio, proprio sulle conseguenze che ha l’allontanarsi da chi si ama».
Ma un libro e un film sono due cose completamente diverse: «Tradurre un’opera scritta sullo schermo in modo letterale significa spesso perderne l’essenza più profonda».
Per questo sono stati fatti dei cambiamenti, riportando innanzitutto l’epoca dei fatti (il libro è del ’93) al mondo contemporaneo e spostando la «scena del crimine» dal Nord degli Stati uniti al Texas, il luogo in cui il regista è cresciuto. «Questo spostamento mi è servito anche per motivi di credibilità: oggi è ancora possibile trovarsi in alcuni punti del deserto dove il cellulare non prende», e di conseguenza si può restare in balia di eventuali «malintenzionati».
La sfida più grande è stata però quella di tradurre in immagini quello che nel libro è il monologo interiore di Susan, «costruire delle scene che rendessero visibili le sue emozioni». E infatti, spiega Aaron Taylor Johnson che nel film interpreta Ray, lo stupratore e assassino nella parte thriller, «il mio stesso personaggio non è che un frutto della fantasia di Susan».
Anche lo stile elegante del film è al servizio di questa connessione tra due mondi paralleli, persino nella scena – cruenta e onirica allo stesso tempo – in cui le due vittime di Ray vengono trovate adagiate su un divano di velluto rosso nel bel mezzo del deserto. «C’è una sequenza in cui Susan ferisce profondamente Edward – spiega Ford – dicendogli che dovrebbe smettere di scrivere su se stesso, e mentre lo fa è seduta su un divano di velluto rosso uguale a quello in cui nel libro scritto dall’ex marito si trovano i cadaveri di madre e figlia».
La protagonista, conclude Ford, «Ha abbracciato una vita non autentica, ha deciso di non perseverare sulla strada che aveva scelto sposando Edward, per insicurezza e per le pressioni provenienti dal mondo esterno». Ma questa vita, dopo aver letto il libro, è destinata a cambiare. «Non sappiamo cosa farà, solo che non tornerà più al mondo di prima».
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