C’è anche la voce di Alessandra Todde tra quelle che commentano i risultati delle elezioni regionali in Abruzzo. E non soltanto per fare gli auguri di rito a Marsilio e riconoscere l’impegno generoso di D’Amico. Con alcune dichiarazioni alle agenzie di stampa, Todde entra nel merito delle questioni politiche aperte dal voto abruzzese. E lo fa con un piglio da leader nazionale. La neoeletta presidente guarda agli equilibri interni al suo partito, ai rapporti con il Pd nei confini non del tutto stabili del campo largo e alla formazione della giunta regionale sarda. Bloccata, al momento, con l’emergere di qualche attrito tra dem e M5S, da una complicata trattativa per l’assegnazione degli assessorati.

INNANZITUTTO I 5 STELLE. Il partito di Conte esce malconcio dalle elezioni in Abruzzo. «Ripartiamo – commenta Todde – da un risultato del M5S che ci obbliga a lavorare con più forza sul radicamento nei territori». Dichiarazione fotocopia rispetto a quella rilasciata da Conte a urne chiuse. Dove invece Todde ci mette un po’ più del suo è nella difesa convinta della scelta dell’alleanza tra M5S e Pd come orizzonte strategico: «A chi per l’ennesima volta si augura la morte politica dei Cinquestelle e parla di debacle, rispondo che in Sardegna abbiamo dimostrato quanto un progetto credibile e serio riesca a convincere i cittadini. Il campo progressista ha dimostrato di saper essere alternativa e che la destra non è imbattibile. Perciò, avviso ai naviganti: la nostra comunità continuerà a costruire ponti dove altri vorrebbero imporre muri invalicabili».

PER COSTRUIRE PONTI si deve tenere conto anche del larghissimo bacino degli astenuti: «Per battere la destra di Meloni – dice ancora Todde – il nostro lavoro deve ripartire da quel 50% di italiani delusi, rassegnati, che non votano e non credono più nella politica». La Sardegna e la formazione della giunta. Terreno impervio sul quale la buona volontà di Todde nel difendere la valenza strategica della scelta del campo largo è chiamata a fare i conti con un granitico principio di realtà. «Con la coalizione siamo già al lavoro – dice la neopresidente – per cancellare il disastro fatto dal centrodestra negli ultimi 5 anni e offrire ai sardi un governo all’altezza che si occupi immediatamente di sanità, lavoro, trasporti, infrastrutture, giovani, scuola e diritti».

LA VERA FATICA, però, in questi giorni è un’ altra. Sta nel definire, all’interno della giunta nascente, gli equilibri politici tra i diversi partiti dell’alleanza. Dodici assessorati vanno divisi tra le dieci sigle dalla coalizione. Gli ambienti del campo largo a Cagliari richiamano una regola sempre seguita in passato per la formazione di tutte le giunte, una specie di common law in base alla quale per ogni tre consiglieri eletti deve essere nominato un assessore. Al Pd, quindi, che di consiglieri ne ha undici, spetterebbero tre assessori. Ai Cinquestelle, invece, che di consiglieri ne contano sei, andrebbero due assessori. Altri due assessori, per un accordo stabilito sin dall’inizio della corsa elettorale, saranno di nomina «personale» di Todde.

UN ASSESSORE A TESTA dovrebbero averlo Avs, Progressisti , Sinistra Futura e Orizzonte Comune, visto che hanno ciascuno tre consiglieri. Siamo a undici assessori. A chi spetta il dodicesimo mancante? Va al Pd, rispondono i vertici regionali del partito di Schlein. Pare però che Todde non la pensi allo stesso modo. Anche perché il Pd, che ha già incassato la vicepresidenza della giunta nella persona del suo presidente, Giuseppe Meloni, chiede anche la presidenza del consiglio regionale, per la quale si fa il nome del segretario Piero Comandini.

UNA PRESENZA DEM forte che Todde avrebbe chiesto al Pd di ridimensionare. Come andrà a finire lo si vedrà nei prossimi giorni. Soltanto invece dai nomi delle persone che saranno nominate assessori e dalle scelte di indirizzo politico che la giunta compirà nei prossimi mesi, si capirà la rotta del vascello del campo largo spinto dal vento della vittoria elettorale; e se il vento resterà buono o diventerà insidioso.