Tetto al prelievo, e subito arriva il rimbalzo di borsa
Politica

Tetto al prelievo, e subito arriva il rimbalzo di borsa

Economia e finanza Bancari di nuovo su, dopo il tonfo di martedì
Pubblicato più di un anno faEdizione del 10 agosto 2023

E anche sulla tassazione degli extra-profitti la mezza marcia indietro del governo puntualmente è arrivata. Dopo una giornata di passione per i titoli bancari in borsa (bruciati 9 miliardi), ci ha pensato il ministro Giorgetti, che aveva disertato la conferenza stampa di Salvini, a rassicurare agenzie, investitori e istituzioni finanziarie, che già avevano paventato un ritiro delle banche dai titoli di stato, a causa della riduzione dei guadagni sullo spread tra i tassi di interesse.

Un classico. La pistola dei mercati puntata alla tempia dei governi. Ma poi, perché sfidare le banche, se c’è il rischio che venga «scoraggiato il credito per le piccole e medie imprese e le famiglie?» È quello che si è chiesto ieri Corrado Passera, banchiere, già ministro dello sviluppo economico del governo Monti.

Il prelievo ci sarà, hanno detto martedi sera dal Mef a mercati chiusi, ma «è previsto anche un tetto massimo per il contributo che non può superare lo 0,1% del totale dell’attivo». E le banche che hanno già recepito le raccomandazioni di Bankitalia sull’adeguamento dei tassi «non avranno impatti significativi come conseguenza della norma approvata in Cdm».

Messaggio ben recepito dalla borsa, dove ieri tutti i bancari hanno tentato, con successo, il rimbalzo, rimpolpando le loro capitalizzazioni (Milano ha chiuso a +1,46% trascinata proprio dai titoli bancari). La precisazione, è bene ricordarlo, arriva dopo il ritocco che era stato apportato alle soglie di profitto oltre le quali sarebbe scattato il prelievo straordinario (dal 3 al 5% quella del 2022, dal 6 al 10% quella del 2023).

Di fatto, è un’edulcorazione pesante del provvedimento che Salvini aveva pomposamente annunciato come «una norma di equità sociale», tanto più se si considera che la proposta entrata in consiglio dei ministri aveva fissato un tetto al 25% del patrimonio netto. Un gioco di prestigio, che depotenzia l’efficacia del prelievo al 40% sul cosiddetto «margine di interesse», la differenza tra interessi attivi e interessi passivi, ovvero tra quanto costa alla banca il denaro depositato sui suoi conti e quanto costano i prestiti ai cittadini, alle imprese e allo stato.

Il gettito, d’altra parte, che in un primo momento era stato stimato in 3 miliardi di euro, ora scenderebbe a meno di due miliardi. E molti giurano che la partita non si chiuda qui. In poco più di ventiquattr’ore sono state cambiate più volte le carte in tavola, non si escludono altri rimaneggiamenti fino alla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale.

Nessun ripensamento, invece, riguardo all’utilizzo delle risorse. I soldi dovranno finanziare il fondo per i mutui sulla prima casa e «ridurre le tasse» a cittadini e imprese. Strana idea dell’«equità sociale». Se si esclude il contributo per il caro-mutui, tutto viene riportato sul terreno alla destra più congeniale: «abbassare le tasse», che significa favorire i ceti benestanti e ridurre le risorse di bilancio per il welfare. Parliamo, in ogni caso, di pochi soldi, che potrebbero diventare ancora di meno a conclusione dell’iter parlamentare.

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