Tensione al confine, sanzioni e crisi: Libano sul baratro
Medio Oriente Il mosaico di un paese sotto pressione di Stati uniti e Israele, con le piazze piene e un'economia in caduta libera
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Due le versioni di quanto accaduto lunedì nelle Fattorie Shebaa, lembo di terra tra Siria, Libano e Israele, ancora una volta scenario di scontri.
1946, fine del mandato francese: le Fattorie sono oggetto di disputa tra Siria e Libano. Con la guerra del 1967, Israele occupa il Golan siriano e le Fattorie; la risoluzione 242 dell’Onu stabilisce il ritiro dai territori occupati. Guerra civile libanese, 1978, Israele invade il sud del Libano. Nuova risoluzione, la 425: Israele deve ritirarsi «da tutti i territori libanesi», frase che crea ambiguità. Israele ancora oggi occupa sia Golan che Shebaa.
PER NETANYAHU, poche unità di miliziani di Hezbollah, superata la “linea blu” di confine, assaltano un carro armato. I militari rispondono, mettono in fuga i miliziani e ne uccidono uno. Lo Stato ebraico invita i propri civili a scendere nei rifugi e poi prende a cannonate per una ventina di minuti Kufr Shuba, causando danni ad una abitazione civile nel villaggio di Hebbarieh.
L’attacco sarebbe stato un tentativo di vendetta per la morte il 20 luglio nei pressi dell’aeroporto di Damasco del combattente del Partito di Dio Ali Kamel Mohsen in un attacco aereo israeliano.
Nessuna incursione, nessun miliziano ucciso, tutta una farsa, solo un pretesto per sparare. Hezbollah a mezzo stampa ribalta la versione nemica. L’attacco – che sarà vendicato – è stato unilaterale e pretestuoso e le accuse di Israele sono «assolutamente false, un tentativo di creare false vittorie». Per quanto riguarda Mohsen, la vendetta arriverà e i «sionisti dovranno aspettare per la punizione ai loro crimini».
Il premier libanese Diab ha ieri tacciato Israele di non rispettare la risoluzione 1701 – cessate il fuoco dopo la guerra del Tammus nel 2006 tra Hezbollah e Israele – bollando l’episodio come un tentativo di modificare la presenza dell’Unifil sud del Libano e di ridurre il numero di uomini che garantiscono la pace tra i due Stati».
IL PORTAVOCE DELL’UNIFIL, la missione Onu nel sud del Libano, Andrea Tenenti ha dichiarato al manifesto: «Per qualche attimo si è temuto il peggio. Poi la situazione è rientrata e al momento è calma. Bisogna tener presente che non è la prima volta che ci sono problemi al confine e che, per quanto poco auspicabile, la situazione può sfuggire di mano in qualsiasi momento».
Il Mag. Gen. Stefano del Col, capo dell’Unifil e comandante delle forze armate, si è speso per un calo della tensione.
L’episodio non è però isolato. Domenica l’esercito libanese ha riportato 19 violazioni dello spazio aereo in 48 ore, che si aggiungono al numero in crescita degli ultimi mesi. Poi un drone israeliano viene abbattuto al confine (per Israele, un guasto). Il 17 aprile l’Unifil notifica il lancio di razzi israeliani nella linea blu, mentre a settembre scorso è Hezbollah a lanciare razzi a nord del paese, in risposta all’abbattimento di un obiettivo militare da parte di un drone nella periferia a sud di Beirut.
DOPO L’UCCISIONE di Mohsen l’esercito israeliano ha rafforzato la sua presenza al confine, aspettandosi una ritorsione di Hezbollah, nonostante il vicepresidente del partito Qassim avesse assicurato che una guerra con Israele non è all’ordine del giorno.
Il Libano sprofonderebbe ancora di più nel baratro. Siamo al collasso: crisi economica, sociale e alimentare, forte inflazione, svalutazione della moneta, tagli dell’elettricità che lasciano il paese al buio per ore e in questi giorni l’aumento dei casi di Covid-19 che costringe a nuove chiusure.
Il tentativo americano di isolare Hezbollah è chiaro dopo il rafforzamento del Caesar Act che sanziona chi commercia con la Siria, così come la volontà di polarizzare l’opinione pubblica interna sulla relazione tra il partito e l’accordo non raggiunto con il Fondo monetario. Ora l’escalation con Israele. E ancora una volta la partita che si gioca in Libano supera i confini nazionali.
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