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Teheran teme la grande offensiva, ma la nomenklatura tiene

Teheran teme la grande offensiva, ma la nomenklatura tieneTeheran, ieri in piazza in ricordo di Nasrallah foto Ap

Iran Il leader riformista Pezeshkian dopo i missili decisi da Khamenei: «Non siamo belligeranti»

Pubblicato circa un mese faEdizione del 3 ottobre 2024

Il Medio Oriente è caduto in un gioco pericoloso dal quale sembra non esserci ritorno. L’attacco missilistico della Repubblica Islamica contro Israele, che alcuni definiscono una forte escalation, alimenta il timore che il conflitto possa aggravarsi e propagarsi in tutta l’area mediorientale.

Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha definito l’attacco come «una risposta all’aggressione del regime sionista», aggiungendo: «Fate sapere a Netanyahu che l’Iran non è un belligerante, ma si oppone fermamente a qualsiasi minaccia… Non entrate in conflitto con l’Iran». Pezeshkian ha avvertito: «Se il regime sionista commetterà l’errore (di attaccarci), riceverà una risposta ancora più ferma».

IL CORPO delle Guardie della Rivoluzione ha affermato che la decisione è stata presa da Ali Khamenei, leader del paese, con il sostegno del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale e del ministero della difesa. La mancata attuazione del cessate il fuoco a Gaza, promessa dagli americani, l’assassinio di Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah, il più importante alleato iraniano, e il successivo attacco al Libano hanno convinto l’establishment iraniano che la linea di moderazione e la richiesta di negoziati adottata dal presidente moderato non potessero produrre i risultati sperati. Ciò ha generato un crescente consenso all’interno dell’élite iraniana sul fatto che non aver reagito militarmente all’assassinio di Haniyeh a Teheran, avvenuto a luglio, sia stato un errore strategico.

L’apatia iraniana stava compromettendo il suo prestigio sia tra i sostenitori interni che nei paesi mediorientali, come tra i membri delle “forze della resistenza”. La decisione di lanciare missili contro Israele, attentamente calcolata per evitare di coinvolgere i civili, secondo le autorità militari del paese, mirava a spezzare la supremazia militare israeliana e a creare una deterrenza. Secondo fonti iraniane, il governo ancora spera nei negoziati, diretti o indiretti.

Pochi iraniani hanno esultato scendendo in piazza. La domanda «cosa succederà dopo?» serpeggia tra la gente. L’offensiva ha lasciato gli iraniani in ansia, in attesa di una possibile risposta da parte di Israele. Molti sono convinti che Israele colpirà. Tuttavia, a parte l’affollamento nelle stazioni di rifornimento immediatamente dopo l’attacco, non si registra un’evidente aria di tensione nelle città iraniane.

LE AZIONI OFFENSIVE non sono ben viste da molti iraniani, specialmente da parte di una nomenclatura che non gode della fiducia dei suoi cittadini. Ma la situazione potrebbe diventare molto diversa se il paese venisse attaccato. La speranza del presidente israeliano Netanyahu di una rivolta popolare contro il regime, come ha fatto intendere in un discorso rivolto alla popolazione iraniana, dopo un eventuale attacco massiccio, sembra una valutazione errata. «Il potere, anche sotto attacco israeliano, avrebbe comunque i mezzi per sopprimere qualsiasi ribellione», afferma Taghi Rhamani, giornalista e attivista, marito della Premio Nobel Narges Mohammadi, attualmente in carcere in Iran.

Il probabile obiettivo israeliano di distruggere le infrastrutture petrolifere iraniane in vista dell’inverno aumenterebbe solo la sofferenza della popolazione e un raid alle strutture nucleari rischierebbe di causare una catastrofe. «Oggi la gente rimane fredda riguardo alle azioni del nostro governo, ma un’eventuale aggressione contro il paese risveglierebbe l’orgoglio nazionale e darebbe una legittimità maggiore al potere in difesa della patria», dice Maryam, sociologa residente a Isfahan.

ANCHE GIOVANI attivisti in opposizione all’interno del paese avanzano molti dubbi. Amir, studente all’università di Teheran dice al manifesto: «È vero, i nostri regnanti sono despoti e hanno commesso molti errori, ma Israele è un paese unico: fa ciò che vuole e non risponde a nessuna legge, regolamento, vincolo, trattato o convenzione. Né i massacri di civili palestinesi, né gli assassinii extragiudiziali, né i cercapersone-bomba hanno convinto le cancellerie del mondo a intraprendere anche la minima azione. L’Unione europea afferma che l’Iran costituisce una grave minaccia per la sicurezza regionale. Paradossalmente, è Israele che sta martellando Gaza e Libano con tonnellate di bombe».

Il Medio Oriente rischia di rimanere ostaggio degli estremisti di due parti in una nuova forma di guerra tra missili iraniani e aviazione israeliana, nella completa assenza di mediatori, in una prospettiva che non lascia speranze.

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