Europa

Taubira si dimette per un «disaccordo politico importante»

Taubira si dimette per un «disaccordo politico importante»Christiane Taubira, da ieri «ex» ministra della Giustizia francese – LaPresse

Francia La ministra Taubira lascia il governo per le leggi sulla nazionalità. «Disaccordo politico importante» dietro le dimissioni. Sarà sostituita da Urvoas, specialista della sicurezza. Punto di svolta per la presidenza Hollande. E la destra festeggia.

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 28 gennaio 2016

Il governo Valls perde la personalità che era considerata l’ultima cauzione a sinistra, il bersaglio preferito di destra ed estrema destra. Ieri mattina, poco dopo le 9, un comunicato dell’Eliseo ha annunciato che François Hollande e Christiane Taubira «hanno convenuto di mettere fine alle funzioni» della ministra della Giustizia «nel momento in cui il dibattito sulla revisione costituzionale si apre all’Assemblea».

Per la ministra, «a volte resistere è andarsene». Christiane Taubira ha spiegato: «Lascio il governo su un disaccordo politico importante», ho «scelto di essere fedele a me stessa, alla mia lotta, al mio rapporto con gli altri, a noi, come io capisco questo noi».

Per Taubira, «l’identità della Repubblica, l’identità civica» ha un fondamento «profondo» per «resistere» alla tragedia in corso, dove «non dobbiamo concedere nessuna vittoria» al terrorismo, «né militare, né politica, né simbolica». Per Taubira, la riforma della Costituzione e la privazione di nazionalità sono una «concessione simbolica» grave.

Taubira ha lasciato il ministero in bici. Nuovo ministro della Giustizia è il giurista Jean-Jacques Urvoas, socialista, finora presidente della commissione delle leggi all’Assemblea, uno specialista della sicurezza (sognava gli Interni), che è stato vicino a Strauss-Kahn e ora è un fedelissimo di Valls. In un recente libro, aveva proposto di fondere ministero degli Interni e della Giustizia.

Il governo parla di «scelta di coerenza», di «chiarimento» con l’uscita di Taubira. L’ex ministra, sempre più in difficoltà negli ultimi tempi dopo aver annunciato imprudentemente in un viaggio a Algeri nel dicembre scorso che la privazione di nazionalità era stata abbandonata, ammette: «Difendere una legge in cui non credo? Non posso». Valls, del resto, aveva già sostituito la ministra della Giustizia nella presentazione di una prima bozza del testo di riforma costituzionale, che ormai sarà difeso da Urvoas. Il primo ministro ha spiegato ieri che il principio della «privazione della nazionalità» sarà inscritto nella Costituzione, ma che non ci saranno espliciti riferimenti alla situazione dei bi-nazionali, «senza distinzione, senza stigmatizzazione», per Valls, «neppure a priori nella legge di applicazione».

La privazione e la «perdita di tutti o parte dei diritti legati alla nazionalità» riguarderanno le persone colpevoli di atti di terrorismo, ma anche, come ha preteso la destra, i condannati per reati fino a 10 anni di carcere: associazione di malfattori, appartenenza a filiere, finanziamento di azioni terroristiche. Un equilibrismo da parte di Valls, per non perdere i voti della destra (necessari per una riforma della Costituzione, che deve riunire i tre quinti del Congresso, Assemblea e Senato congiunti) e convincere i numerosi recalcitranti a sinistra. Ma già Europa Ecologia ha ribadito il voto contrario: per Sergio Coronado «non fate più riferimento ai bi-nazionali, ma nei fatti chi sarà colpito dalla privazione della nazionalità saranno solo i bi-nazionali, gli altri sono protetti dagli impegni internazionali della Francia» (Valls ha del resto anche annunciato che la Francia ratificherà la Convenzione Onu che impedisce la creazione di apolidi). Per il frondeur socialista Christian Paul è solo «un maquillage» della proposta originaria, contestata a sinistra. La destra oscilla. Il governo metterà ai voti anche il prolungamento dello stato d’emergenza per altri tre mesi. Ieri, il Consiglio di stato ha respinto una richiesta della Lega dei Diritti dell’Uomo, per mettere fine allo stato dell’eccezione, perché il «pericolo imminente non è scomparso».

Le dimissioni di Christiane Taubira rappresentano un punto di svolta per la presidenza Hollande. «Hanno voluto cacciare una donna di sinistra, la dice lunga», ha commentato l’ex ministra della Cultura, Aurélie Filippetti. Per la leader verde Cécile Duflot, anche lei ex ministra, le dimissioni sono «una decisione coraggiosa, la fedeltà ai valori è una forza». La sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, ha ricordato «il coraggio e l’eloquenza con cui ha portato avanti il matrimonio per tutti», la seconda legge che porta il nome di Taubira (la prima era stata nel 2001 il riconoscimento della tratta e della schiavitù come crimine contro l’umanità). Per il socialista della Fronda, Laurent Baumel, è «un sintomo in più, importante, del restringimento della maggioranza politica (…), Hollande avrà frantumato la sinistra dall’inizio alla fine». Jean-Luc Mélenchon fa riferimento alle ricorrenti richieste di dimissioni da parte della destra contro Taubira: «Ancora una proposta del Fronte nazionale e della destra ripresa da Hollande». Per Eric Coquerel, portavoce del Parti de Gauche, «il Titanic del governo affonda sempre più a tribordo».

La destra e l’estrema destra si sono scatenate in un concorso di volgarità, giubilando sulla «buona notizia» dell’abbandono della ministra accusata di «lassismo» verso i delinquenti.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento