Tsai Ing-wen a New York, Ma Ying-jeou in Cina, jet in modalità da combattimento sullo Stretto. E non più così lontani dalle coste. Taiwan torna in cima all’agenda della contesa tra potenze tra visite incrociate e manovre militari. Ieri pomeriggio, in maniera inusuale, il ministero della Difesa di Taipei ha diffuso un secondo comunicato sulle attività dell’Esercito popolare di liberazione. Segnalando la presenza di 9 aerei oltre la linea mediana (confine non riconosciuto ma ampiamente rispettato fino al viaggio di Nancy Pelosi dello scorso agosto) sui versanti settentrionale, centrale e meridionale «in 5 gruppi di pattugliamento». Di solito, si aspetta sempre il mattino dopo per le comunicazioni. Una seconda nota significa che è stato osservato un cambio qualitativo (e non quantitativo visto che in passato i jet oltre la linea mediana sono stati anche molti di più). A fare la differenza potrebbe essere la «modalità da combattimento», o secondo voci l’avvicinamento alle 12 miglia nautiche dalle coste dell’isola principale di Taiwan, limite cruciale mai valicato in passato.

IN OGNI CASO, si tratta di una manovra che esprime coi fatti il disappunto già manifestato a parole per il doppio scalo di Tsai negli Usa. Ieri si è conclusa la tappa a New York, dopo che la presidente taiwanese ha ricevuto un’onorificenza dallo Hudson Institute, think tank di cui fa parte l’ex segretario di Stato Mike Pompeo. Ancora più delicato il passaggio di mercoledì prossimo in California, quando Tsai dovrebbe incontrare lo speaker Kevin McCarthy e un gruppo di deputati di entrambi i partiti. A Pechino sembra non bastare il mancato appuntamento con membri dell’amministrazione Biden. Né il contestuale viaggio in Cina continentale dell’ex presidente taiwanese Ma, che ha incontrato Song Tao, neo direttore dell’Ufficio per gli affari di Taiwan del Consiglio di stato. La visita privata ha acquisito, come anticipato, una valenza politica. «Siamo tutti cinesi», ha detto Ma in questi giorni, censurato dai media di Pechino quando al memoriale del massacro di Nanchino perpetrato dai giapponesi ha dichiarato: «Dovremmo trarre la lezione di non invadere altri».

LE TENSIONI sullo Stretto potrebbero porre un nuovo ostacolo al dialogo in corso tra Pechino ed Europa. Ieri Xi Jinping ha ricevuto Pedro Sanchez. Il premier spagnolo ha difeso il piano Zelensky, ma si è detto interessato alla postura di Xi, che ha incoraggiato a parlare col presidente ucraino. Il leader cinese ha ribadito il sostegno a colloqui di pace e ha chiesto di «sbarazzarsi della mentalità da guerra fredda» e delle «sanzioni e pressioni estreme». Nessuna risposta nemmeno al deciso discorso di Ursula von der Leyen, ma Xi ha sottolineato con toni altrettanto espliciti che la Cina desidera rapportarsi con un’Unione europea dotata di «autonomia strategica», ergo emancipata dagli Usa. Giovedì il faccia a faccia a Pechino tra Xi, la presidente della Commissione europea ed Emmanuel Macron. A poche ore dal possibile incontro tra Tsai e McCarthy.