Dopo sei mesi di eclissi totale riappare in pubblico Angela Merkel. Ed è una vera notizia anche se l’evento è giusto la serata di addio di Reiner Hoffmann, storico presidente del sindacato Dgb che lascerà l’incarico la settimana prossima. L’ex cancelliera condanna «la barbara aggressione» di Putin esprimendo il personale orrore per la strage di Bucha e ribadendo la «solidarietà all’Ucraina invasa dalla Russia» come il pieno «sostegno alla legittima autodifesa».

PROPRIO NEL GIORNO in cui il governo Scholz rompe l’ultimo argine contro l’escalation del conflitto confermando la decisione di inviare a Kiev nientemeno che il sistema di difesa aerea “IrisT-SL”, la nuovissima versione terrestre dei missili aria-aria a guida infrarossa prodotti dalla tedesca Diehl Bgt Defence. Non sono più i vecchi obici della Ddr o i resti di magazzino della Bundeswehr ma un’arma micidiale in grado di colpire obiettivi distanti decine di chilometri viaggiando a velocità Mach 3. Insieme ai sofisticati razzi la Germania fornirà all’esercito ucraino anche le batterie mobili a lancio multiplo “Mars III” fabbricate da Krauss-Maffei, altro modello richiesto da Kiev per provare a fermare l’avanzata russa nel Donbass.

Un salto di qualità clamoroso nell’impegno militare di Berlino, mai così cobelligerante con Kiev dall’inizio dell’invasione russa, al punto che perfino l’ambasciatore ucraino saluta la svolta a 360 gradi: «Finalmente possiamo dire grazie di cuore al cancelliere Scholz. Le cose si stanno muovendo, il ghiaccio è stato rotto» riassume Andrij Melnik che fino ieri bollava il capo del governo tedesco come un wurstel privo di leadership.

QUELLA DI MERKEL invece è solo un remoto ricordo, come ha voluto sottolineare lei stessa rubricando le sue parole come «dichiarazioni da cancelliera federale fuori servizio, che non può fare valutazioni a margine».

Eccetto la ovvia considerazione che «l’invasione dell’Ucraina ha segnato una violazione troppo evidente del diritto internazionale». Politicamente, comunque, si prende atto della sua definizione di «svolta profonda» a livello globale dopo l’attacco russo del 24 febbraio, data di spartiacque anche nel multilateralismo di Merkel. Pronta a mettere in sequenza il suo «sostegno al governo Scholz, all’Ue, agli Usa, alla Nato, al G7 e all’Onu» mentre fa sapere che «nessuno oggi è ancora in grado di valutare le conseguenze politico-economiche della guerra».

Già chiarissimi, al contrario, «i criminali effetti sulla popolazione civile «con violazioni dei diritti umani e atrocità come quelle emerse a Bucha» ricorda l’ex cancelliera. Appena sollevata dall’«infinita tristezza provata in questo periodo solo dalla solidarietà dimostrata da molti Paesi nei confronti dei profughi ucraini, specialmente Polonia e Moldavia».

SONO LE ULTIME PAROLE sull’attualità, ma Merkel tornerà a parlare in pubblico il prossimo 7 giugno in una cornice in cui per lei sarà impossibile non affrontare il capitolo delle relazioni bilaterali tra Berlino e Mosca. Il rapporto del presente, quello del futuro e soprattutto il controverso passato. Potrebbe essere il giorno del grande mea culpa, come quello cui si è sottoposto il presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, architetto degli Accordi di Minsk nel 2014 nelle vesti esattamente di ministro degli Esteri del governo Merkel.

DI SICURO C’È SOLO che a leggere fra le righe del discorso dell’ex cancelliera sembra che l’unica strategia politica in grado di governare il presente coincida con quella adottata durante il suo ventennio. Come sempre per Angela Merkel l’imperativo categorico resta: «Mantenere l’Europa unita e non dare mai per scontate la Pace e la Libertà».
Non è il suo solito messaggio ecumenico ma un preciso avvertimento per la sua ex pupilla, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, tirata per la giacchetta a Ovest da Francia e Germania e a Est da Polonia e Paesi Baltici. Senza contare gli strattoni al ruolo politico dell’Europa da parte di Regno Unito, Stati Uniti e Cina. E Merkel sa bene che il nulla-osta di Scholz all’invio a Kiev delle armi tedesche di ultima generazione è arrivato solo dopo l’analoga decisione assunta a Washington.