Se la Sco mira a essere una risposta concreta al G7 le manca ancora qualcosa. Segnali di unità, ma anche di distanza, al summit dei ministri degli Esteri dell’Organizzazione della cooperazione di Shanghai di questi giorni a Goa. Quantomeno dal punto di vista retorico, al vertice del G7 in Giappone si era osservato un gruppo più unito sotto la guida anticinese degli Stati uniti. Anche la sede dei summit del 2023, l’India, non favorisce invece l’accelerazione dell’ascesa della Cina a un ruolo analogo per la Sco. Proprio le tensioni irrisolte tra Pechino e Nuova Delhi, così come quelle tra India e Pakistan, impediscono un vero allineamento strategico.

NESSUN COMUNICATO congiunto, come da prassi, al termine del summit. Ma il governo indiano si premura di comunicare concordia su 15 punti di discussione, preannunciando la finalizzazione di 5 documenti al vertice dei leader del 3 e 4 luglio. I temi: de-radicalizzazione, catene di approvvigionamento alimentari, sostenibilità, trasformazione digitale. Il focus indiano è la lotta al terrorismo, cruciale anche per le repubbliche ex sovietiche e la Cina, che tiene alla stabilità del corridoio eurasiatico lungo il quale ha disseminato numerosi investimenti e interessi commerciali. Per non parlare della stabilità dello Xinjiang, la regione autonoma a maggioranza uigura che si trova proprio sulla soglia dell’Asia centrale.
Ma l’indiano S. Jaishankar sembrava rivolgersi al rivale pakistano quando ha chiesto di interrompere qualsiasi finanziamento a gruppi terroristici. Tanto che l’omologo di Islamabad, Bilawal Bhutto-Zardari, ha chiesto di «non politicizzare» un tema così delicato. Significativa la prima visita dopo 12 anni di un ministro degli Esteri pakistano in India, anche se non ci sono stati bilaterali e ci vorranno ulteriori sforzi per una distensione.

La novità politica più rilevante è l’ampliamento dei paesi membri, che da 8 diventeranno 10 a luglio, con l’adesione di Iran e Bielorussia.
L’Ucraina resta confinata ai bilaterali, in particolare in quello tra il cinese Qin Gang e il russo Sergej Lavrov. Diverse sfumature nei resoconti. Mosca sostiene che i due paesi sono pronti ad «azioni comuni» per cercare una soluzione alla «crisi». Pechino ribadisce invece che resta impegnata a favorire una «soluzione politica» e che la Russia «attribuisce grande importanza» alla sua posizione.

ANCORA UNA VOLTA non risolutivo lo scambio tra Qin e Jaishankar. L’indiano ha insistito sul confine conteso, ribadendo che senza accordo i rapporti bilaterali resteranno farraginosi anche sul fronte politico-commerciale. Delhi non è entusiasta nemmeno del fatto che, appena terminata la riunione di Goa, Qin sia volato in Pakistan per un trilaterale con l’Afghanistan.
Un’altra preoccupazione indiana è l’accresciuta dipendenza della Russia nei confronti della Cina. Un segnale negativo per Delhi in tal senso è arrivato col duro attacco del ministro della Difesa Sergej Shoigu nei confronti del Quad, la piattaforma di sicurezza dell’Asia-Pacifico a guida Usa che include anche l’India. «È un’iniziativa da guerra fredda per contenere Pechino», ha detto Shoigu. Con Mosca più appiattita sulle posizioni cinesi, Delhi vedrebbe vacillare non solo la storica partnership con la Russia ma anche il suo ruolo mediano all’interno di Sco e Brics.
Sull’altro fronte, intanto, si procede spediti. Nei giorni scorsi, Joe Biden ha ricevuto il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr alla Casa bianca, rafforzando i legami militari ed estendendo la tutela militare americana alla guardia costiera di Manila, in rotta di collisione con le navi cinesi.

OGGI IL PREMIER giapponese Fumio Kishida è a Seul per una storica visita che suggella il riavvio dei rapporti con la Corea del sud, nonostante l’opposizione di buona parte dell’opinione pubblica locale. A officiare le nozze gli Usa, che stanno spingendo i due principali alleati asiatici sempre più tra le braccia della Nato. Non a caso l’Alleanza ha appena annunciato l’apertura di un ufficio in Giappone. Manovre che portano la Cina ad assumere un punto di vista favorevole alle «legittime preoccupazioni di sicurezza» della Corea del nord. Un problema: in passato proprio Pechino ha limitato le «intemperanze» di Pyongyang. Secondo Reuters, intanto, Biden intende inviare 500 milioni di dollari di aiuti in armi a Taiwan. Per farlo utilizzerebbe la stessa autorità d’emergenza usata più di 30 volte per l’Ucraina. Un tentativo di rassicurazione dopo che nei giorni scorsi Taipei ha lamentato un nuovo ritardo nella consegna di 66 F-16 acquistati nel 2019.