L’atmosfera è elettrica nella città vecchia di Gerusalemme in attesa delle preghiere, oggi a metà giornata, sulla Spianata della moschea di Al Aqsa. Questo venerdì di Ramadan potrebbe segnare una svolta verso uno scontro ampio, non più limitato solo a Gerusalemme, o passare senza sviluppi tragici se la polizia non interverrà con forza e sarà confermata la decisione del governo israeliano di vietare ai non-musulmani l’accesso alla Spianata, a partire da oggi e per gli ultimi dieci giorni del Ramadan. Sono state le «visite» alla Spianata – considerata dagli ebrei il Monte del Tempio – di attivisti della destra religiosa israeliana a innescare gli scontri dell’ultima settimana. Venerdì scorso oltre 150 palestinesi sono stati feriti dalla polizia. Gli scontri vanno avanti una settimana. Ieri mattina 20 palestinesi sono rimasti feriti o contusi. Israele, inoltre, mercoledì notte ha di nuovo bombardato con l’aviazione presunte basi di Hamas a Gaza. I palestinesi da parte loro hanno lanciato più di un razzo verso il territorio israeliano, come non accadeva da mesi.

Una possibilità concreta, se oggi la Spianata delle moschee si trasformerà in un campo di battaglia, è la ripetizione degli scontri, con morti e feriti, visti lo scorso anno a Sheikh Jarrah, in Cisgiordania e Israele. Alcuni si spingono a ipotizzare l’inizio di una terza Intifada, se non muteranno le condizioni attuali nei Territori palestinesi occupati: mancanza di prospettive politiche, leadership spaccata tra Cisgiordania e Gaza, colonizzazione israeliana incessante e minacce allo status quo della Spianata. Per Nabhan Khreisheh, commentatore di Alhadath.ps, si sarebbero create, sia pure in contesti storici diversi, le stesse condizioni che portarono nel 1987 allo scoppio della prima intifada. Khreisheh paragona la condizione dell’Anp di Abu Mazen a quella dell’Olp di Yasser Arafat costretta a lasciare Beirut dopo l’invasione israeliana del Libano nel 1982 e a trasferirsi a Tunisi. «I palestinesi persero anche il sostegno dell’Urss – ricorda il commentatore – (il leader sovietico) Gorbaciov ebbe un incontro con il presidente Usa Reagan durante il quale la questione palestinese non fu toccata. La popolazione palestinese precipitò nella disperazione poi sfociata nell’Intifada contro l’occupazione israeliana. Oggi potrebbe accadere lo stesso». Diversi fattori, tuttavia, giocano contro una nuova rivolta di massa: la frattura tra il partito di Abu Mazen, Fatah, e il movimento islamico Hamas che disorienta la popolazione e il mancato rinnovamento dei quadri politici.

Israele in questi giorni guarda alle conseguenze diplomatiche delle azioni della polizia sulla Spianata delle moschee per i rapporti con gli alleati arabi vecchi e nuovi. Gli Stati membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) hanno condannato Israele all’unisono per aver «preso d’assalto» la Moschea di Al Aqsa. Una dichiarazione approvata anche da Bahrain e gli Emirati che hanno normalizzato le relazioni con lo Stato ebraico dopo la firma degli Accordi di Abramo del 2020. Il premier Bennett ha capito che la violenza della polizia alla moschea di Aqsa, il terzo luogo sacro dell’Islam, resta una linea rossa anche per i paesi arabi con i quali ha raggiunto importanti intese strategiche e di sicurezza. Manama e Abu Dhabi hanno chiesto il rispetto dello status quo della Spianata che la destra religiosa israeliana intende mettere in discussione. Gli Emirati inoltre hanno rinunciato a far partecipare i loro caccia F-16 alla parata aerea per la fondazione di Israele a metà maggio. Critiche sono giunte anche da Arabia saudita e Oman, altri due alleati di Israele dietro le quinte.