Sul welfare della sanità il modello emiliano scricchiola
Il primato della Regione Emilia-Romagna nel campo della sanità, scuola e più in generale del Welfare da alcuni anni ha perso smalto. Non brilla più in qualità e programmazione dei Servizi rispetto ai nuovi bisogni delle persone e delle famiglie.
In particolare la Sanità pubblica da alcuni anni langue perdendo come sistema in poco tempo, e non solo per colpa della pandemia, in appropriatezza delle prestazioni ed efficienza nella fornitura ai cittadini. I bilanci in rosso sono dovuti in buona parte ad una obsoleta e insostenibile organizzazione e a una gestione poco manageriale e molto politica. Solo nei settori regionali dell’economia, del lavoro, della cultura e del paesaggio continua e si rafforza lo sviluppo dell’eccellenza, con politiche che sostengono giustamente da una parte gli investimenti e l’occupazione, e dall’altra la valorizzazione dei territori e delle comunità.
Pesa gravemente, invece, la rinuncia all’innovazione del modello universalistico, proprio quando il governo di destra marcia in direzione opposta e sta tentando di smantellarlo. Dalla terra emiliana – romagnola, sempre meno all’altezza di rispondere in molti settori alle sfide poste dalle crisi nella crisi geopolitica, ben due amministratori regionali, il presidente Stefano Bonaccini e la sua ex vicepresidente Elly Schlein, si candidano alla segreteria nazionale del Pd. Entrambi i contendenti presentano programmi con un’enfasi cui non sempre corrisponde, o non ha corrisposto nel caso della Schlein, un impegno di governo tale da far pensare a una guida autorevole del maggiore partito della sinistra.
Se la politica con la p maiuscola, se la Politica è il parametro con cui valutare i profili culturali, di competenza ed esperienza dei candidati, la scelta ai gazebo del sostituto di Enrico Letta per alcuni iscritti e per molti elettori/elettrici e simpatizzanti non sarà facile. A questi ultimi bisognerebbe saper parlare, si aspettano parole non logore e scelte coerenti.
L’agguerrito Stefano Bonaccini dovrà dare chiarimenti ed essere convincente su almeno due questioni. La prima è quella dell’autonomia differenziata. Che cosa risponde Bonaccini ai numerosi sindaci, non solo dei comuni del Sud, che hanno scritto al presidente Sergio Mattarella pregandolo di fermare il disegno di legge del ministro Roberto Calderoli perché temono “… le ingiustizie determinate dalle differenze trai i diversi territori del nostro Paese”?
La seconda questione riguarda la Sanità e la decisione regionale della riapertura dei ‘Punti nascita’ nei piccoli ospedali con meno di mille parti l’anno. Per quali ragioni quei punti nascita che erano stati faticosamente chiusi, in attuazione dell’accordo stato regioni del 2010 e delle linee delle Società scientifiche nazionali e internazionali, si decide di riaprirli? La qualità dei servizi e la sicurezza per la donna e il nascituro sono garantite solo nel rispetto di un Servizio ospedaliero Ostetrico Ginecologico con un’attività superiore ai 1000 parti l’anno. Perché le eccellenti esperienze del ‘Percorso nascita’ secondo il modello Hub-Spoke è rimesso in discussione? Perché si riattivano servizi insicuri e costosi e non si potenziano quei servizi territoriali indispensabili e da tempo sottodimensionati di personale, strutture e tecnologie, come i Servizi di Salute mentale e di Dipendenze patologiche? Si attendono risposte se si vuole essere credibili e convincenti.
La giovane combattente Elly Schlein non ha lasciato, dopo quasi tre anni di assessorato con importanti deleghe e ruoli, significative tracce del suo mandato in Emilia-Romagna. Ci si aspettava il ridisegno del Welfare, invece resta un sistema che scricchiola da ogni lato. Perché la legge regionale, in anticipazione di quella nazionale, che istituiva l’Azienda di servizio alle persone (Asp), dall’infanzia alla terza e quarta età, è rimasta inapplicata. Perché l’afferenza dei servizi sociali dei Comuni e delle Aziende sanitarie in un’unica Asp, è rimasta incompiuta. Anzi, anche in quest’area dei diritti sociali si è ritornati indietro. Che fine ha fatto il programma che prevedeva l’assistenza domiciliare e il Centro diurno in ogni territorio, in modo da prevenire il ricovero degli anziani o di anticiparne le dimissioni, in caso di ospedalizzazione? Perché la sbandierata integrazione socio-sanitaria, che doveva mettere in rete a livello del Distretto territoriale, i servizi sanitari dell’Asl e i servizi sociali dell’Asp non è stata mai realizzata? Si attendono risposte se si vuole essere credibili e convincenti. Naturalmente la speranza resta che la sinistra sappia rialzare la testa, rimettersi in cammino e mirare unita al governo del Paese.
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