Economia

Sul sentiero stretto della manovra solo sgravi alle imprese

Sul sentiero stretto della manovra solo sgravi alle impreseIl presidente degli Consiglio Gentiloni e il ministro dell’Economia Padoan – LaPresse

Documento di Economia e Finanza Presentata dal governo la nota di aggiornamento al Def : una crescita non strutturale che porta all’aumento del precariato

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 24 settembre 2017

Crescita migliore del previsto (1,5% contro l’1,1%), una briciola di debito pubblico in meno (131,6%), un deficit che scende dal 2,1% all’1,6% del Pil (ma non all’1,2% previsto). «Ottimista» si è detto il presidente del Consiglio Gentiloni che ieri ha presentato la nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def), primo elemento per disegnare la legge di Bilancio per il 2018 in arrivo entro il 20 ottobre.

L’ULTIMA MANOVRA della legislatura non sarà dunque «depressiva», ma nemmeno espansiva dato che i 10 miliardi di euro «liberati» dalla tagliola dei parametri di Maastricht, grazie alla flessibilità della Commissione Ue che ha graziato la «renzinomics», andranno a «sterilizzare» il capestro della clausole di salvaguardia (aumento dell’Iva), non per investimenti pubblici o un vero sussidio contro la povertà: poco più di un miliardo, ne servirebbero sette all’anno, miraggio lontanissimo sul «sentiero stretto» dove ci sono «pochissime risorse», dice il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan. Tutte dedicate alle imprese che godranno – con modalità ancora da precisare, e il diavolo si nasconde sempre nei dettagli – di una nuova decontribuzione per i «giovani» sotto – o a cavallo – dei 29 anni.

QUEGLI SPICCIOLI LIBERATI dalla morsa dell’austerità andranno tutti al capitale che, nei tre anni precedenti, ha già goduto dell’assistenzialismo di Stato, pari a 18 miliardi di euro con i risultati attestati dall’Osservatorio sul precariato dell’Inps. Viste le ristrettezze, nell’ottica di una politica economica ossessionata dall’offerta, quest’oro doveva favorire la crescita artificiale dei contratti a tempo indeterminato, mentre invece galoppano i contratti a breve e brevissimo termine. Cresce sul mercato del lavoro l’occupazione «mordi e fuggi», sotto-pagata e intermittente dei «lavoretti». Oltre ai trasferimenti dei denari pubblici alle imprese. L’ultima legge di bilancio conferma il principio della crisi: le perdite sono pubbliche, i guadagni sono dei privati.

LA TANTO DECANTATA REVISIONE al rialzo della crescita avrà qualche senso quando sarà confermata da quella nominale. Per il momento non corrisponde ad un aumento della produttività, dei salari, del mercato interno ed è dovuta alla generosità del «quantitative easing» di Mario Draghi che veglia – impaziente, a leggere i bollettini e i discorsi dell’ultima settimana – su un paese tenuto in piedi con la respirazione bocca a bocca.

GLI STESSI DATI INCENSATI da almeno sei mesi, e confermati come un mantra ieri dopo il Consiglio dei ministri, andrebbero letti con lo sguardo rivolto all’Europa: la crescita è ovunque ma in Italia è più bassa rispetto alla media. Quello in atto è un peggioramento, come si vede dagli investimenti che mancano, non un’ascesa.

AL NETTO DELLE INFONDATE promesse elettoralistiche – il premio bufala della settimana va al «concorsone» nel pubblico impiego da 500 mila posti, una spesa pari almeno a 15 miliardi, il costo del blocco delle clausole di salvaguardia – si resta prigionieri di un universo parallelo dove la «crescita» sembra essere ovunque anche se nessuno la vede. Troppo impegnati a dire che la crisi è «finita», siamo arrivati estenuati alla meta di questa inutile legislatura.

FUORI DALLA BOLLA in cui l’Italia sopravvive, il mondo continua a esistere. Lancia segnali e ha fatto capolino in un bollettino della Bce di maggio: la popolazione disoccupata e sotto-occupata in Europa è al 18%, il doppio delle stime Eurostat. In Italia è al 22%, il doppio di quelle Istat. Tutto nascosto sotto il tappeto, in attesa di Natale, quando diranno che i consumi aumentano grazie ai bonus di Renzi. Continueranno a sorridere nelle verdi valli di fine legislatura e vestiranno in grigio sul sentiero stretto dove le caprette fanno «ciao» ai soliti noti.

***< L’addio al «Qe» paura non fa
La chiusura dei rubinetti della Banca Centrale Europea – che ha dato ossigeno all’Italia con il «Quantitative Easing» – non spaventa il ministro dell’Economia Padoan. Questa politica «restrittiva» «ci pone nuovi obblighi che vanno soddisfatti» ha detto alla festa dell’«Unità» di Imola. Come? Facendo «le riforme. Dobbiamo continuare in quella direzione». La stessa che ha aumentato la precarietà e spostato 18 miliardi di euro verso le imprese. «A fine legislatura andrò in pensione» ha aggiunto. Toccherà ad altri continuare il lavoro.

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