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Suicidio assistito, nuovo rinvio alla Consulta

Marco CappatoMarco Cappato – Ansa

Il caso Dal gip di Milano sul caso Cappato. Il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni è indagato per altri due casi di fine vita

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 25 giugno 2024

Anche Milano, dopo Firenze, rinvia alla Consulta il caso di Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, indagato per altri due casi di suicidio assistito. La Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi ancora una volta sulla sentenza 242 del 2019, la cosiddetta Antoniani/Cappato sul caso Dj Fabo.

La giudice per le indagini preliminari di Milano, Sara Cipolla, ha trasmesso gli atti alla Consulta affinché valuti la legittimità costituzionale del reato di aiuto al suicidio di cui risponde Cappato per aver accompagnato due persone a morire nella clinica Dignitas di Zurigo.

Si tratta di Elena Altamira, 69enne veneta malata terminale di cancro che aveva anche lasciato un video con le sue disposizioni, e Romano N., 82 anni, ex giornalista e pubblicitario, costretto all’immobilità da una forma grave di Parkinson. In entrambi i casi l’ex parlamentare e attivista si era autodenunciato a Milano. La procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano e il pm Luca Gaglio avevano presentato richiesta di archiviazione affermando che l’essere collegati alle macchine rallenterebbe «il processo patologico» e ritarderebbe la morte «senza poterla impedire», intendendo questi trattamenti come tentativi «futili o espressivi di accanimento terapeutico, non dignitosi secondo la percezione del malato, forieri di ulteriori sofferenze per coloro che lo accudiscono».

Il nodo come sempre è quello dell’interpretazione e dell’ampiezza del «sostegno vitale». La gip Cipolla ha scritto alla Consulta perché ritiene «rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale relativa all’articolo 580 del codice penale nella parte in cui prevede la punibilità della condotta di chi agevola l’altrui suicidio nella forma di aiuto al suicidio medicalmente assistito di persona non tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili che abbia manifestato la propria decisione, formatasi in modo libero e consapevole, di porre fine alla propria vita».

Come nel caso di Firenze, riguardante Antonio Fabiani, noto come Dj Fabo, la giudice pensa che non sia «manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale». La Corte in precedenza aveva indicato come validi gli altri «parametri cui è subordinato l’esercizio del diritto di autodeterminazione nelle scelte del fine vita» come l’irreversibilità della malattia, la natura intollerabile delle sofferenze fisiche o psicologiche e la capacità del paziente di «prendere decisioni libere e consapevoli».

La gip ricorda inoltre che non è presente nell’ordinamento una nozione legislativa di «trattamento di sostegno vitale». «L’ordinanza di rimessione conferma che tutte le eccezioni di inammissibilità sollevate dall’avvocatura dello Stato a nome del Governo nell’udienza in Corte costituzionale sono destituite di ogni fondamento», ha detto l’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Coscioni e coordinatrice del collegio difensivo.

Per Cappato, il rinvio alla Corte «è un’occasione per rispondere a una realtà sociale sempre più urgente e pressante da parte di persone che esigono di non dover subire come una tortura condizioni di sofferenza insopportabile e irreversibile contro la propria volontà».

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