Dopo tre anni di gestazione parlamentare, dopo un milione e 240 mila firme che spingevano sull’eutanasia attiva (bocciata però dalla Consulta), dopo anni di battaglie nelle aule di tribunale promosse dall’associazione Luca Coscioni in favore di Piero Welby, Dominique Velati, Davide Trentini, Fabiano Antoniani, i marchigiani “Antonio” e “Mario”, e tanti altri ancora, la Camera ieri ha finalmente approvato la legge che introduce in Italia la morte volontaria medicalmente assistita con 253 voti a favore, 117 contrari e un astenuto. Per qualcuno non è ancora abbastanza, per altri è troppo. Di sicuro il testo prevede qualche paletto in più di quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza del 2019 Cappato/Dj Fabo, ma per certi versi sul terreno dei diritti qualche norma è perfino un po’ più avanzata di quelle vigenti in altri Paesi europei, vedremo perché. Hanno votato a favore gli interi gruppi del Pd, Leu e M5S; i contrari sono stati i deputati di Lega e Fd’I.

In difformità dal proprio gruppo che ha lasciato loro libertà di coscienza, hanno votato sì 7 deputati di Forza Italia (Cassinelli, Giannone, Novelli, Polverini, Vito, Prestigiacomo, Spena) e 5 di Coraggio Italia (Berardini, Carelli, De Girolamo, Rizzone e Scanu), mentre 7 deputati di Italia viva si sono opposti al provvedimento (Baldini, Colaninno, D’Alessandro, Ferri, Frate, Gadda e Toccafondi). Da annotare ancora che le assenze più numerose si sono registrate tra le fila dei contrari alla legge (il 44,36% dei leghisti, il 47% degli azzurri e il 39% di Fd’I non ha partecipato al voto). Ora la parola passa al Senato dove però teoricamente il testo – che ha pochi mesi a disposizione di questa legislatura per diventare legge – potrebbe incontrare perfino qualche difficoltà in più di quelle già ardue che i relatori Alfredo Bazoli (Pd) e Nicola Provenza (M5S) hanno dovuto affrontare alla Camera.

IL TESTO DI LEGGE licenziato ieri (emendato in molti casi a scrutinio segreto e quasi sempre con il governo che si è rimesso all’Aula), composto di nove articoli, concede la possibilità di accedere al suicidio assistito al malato maggiorenne, capace di intendere e volere, che abbia esplicitato «nelle forme dell’atto pubblico» la propria libera decisione, «attuale e consapevole», adeguatamente informato, e che sia stato «previamente coinvolto in un percorso di cure palliative e le abbia esplicitamente rifiutate». L’aspirante suicida deve essere affetto da una patologia o trovarsi in una condizione clinica irreversibile, con «prognosi infausta» attestata dal «medico curante o dal medico specialista» (un emendamento di Riccardo Magi, +Europa, ha introdotto solo l’alternativa), ed «essere tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente». Condizioni queste «che cagionino sofferenze fisiche e psicologiche che la persona stessa trova assolutamente intollerabili» (per la sentenza 242/2019 della Consulta le sofferenze potevano essere invece solo fisiche oppure solo psicologiche). Ricevuta la richiesta del paziente, il medico, che può avvalersi di altri specialisti, dovrà redigere un rapporto dettagliato e documentato sulle condizioni cliniche e psicologiche e inviarlo entro tre giorni al Comitato di valutazione clinica competente che ha un mese di tempo per rispondere.

UN ALTRO EMENDAMENTO di Magi ha fortunatamente eliminato l’obbligo del medico di redigere un rapporto anche sulle condizioni «sociali e famigliari» del malato, ma è stato bocciato invece quello che stabiliva tempi certi per i successivi passaggi burocratici. La morte, che può avvenire presso il domicilio del paziente o presso una struttura ospedaliera, sarà «equiparata al decesso per cause naturali a tutti gli effetti di legge».

UN EMENDAMENTO di Lisa Noja (Iv), della commissione Affari sociali, ha invece introdotto per le persone totalmente prive di autonomia fisica la possibilità di ricorrere a tutti gli strumenti possibili, anche tecnologici, per compiere l’atto. Una opportunità che elimina ingiuste discriminazioni esistenti invece in altri Paesi europei dove pure è legale il suicidio assistito. Però l’emendamento che introduceva l’eutanasia attiva è stato bocciato l’8 marzo, ma ha ottenuto comunque 52 voti a favore.

L’OBIEZIONE DI COSCIENZA è riconosciuta a medici e personale sanitario per le «attività specificamente dirette al suicidio», ma non per l’assistenza antecedente l’intervento. Deve essere comunicata dal personale ospedaliero  entro tre mesi dalla data di adozione del regolamento, può essere revocata ma entra in vigore dopo un mese dalla presentazione. In ogni caso, la struttura ospedaliera e la Regione devono garantire il servizio richiesto, anche se l’emendamento (di Magi) che prevedeva la mobilità tra regioni non è passato. La non punibilità dei condannati, anche in via definitiva, per l’aiuto medico al suicidio è retroattiva alla legge. È prevista una relazione annuale al Parlamento del ministro della Salute.

MALGRADO la «legge imperfetta», il passo compiuto ieri alla Camera è comunque un «passo avanti» per l’associazione Coscioni, per + Europa e per il leader del M5S Giuseppe Conte. Di «fatto storico» parla invece il segretario del Pd, Enrico Letta. Mentre Pro Vita e Famiglia promette una grande manifestazione nazionale di protesta contro «la “cultura dello scarto” denunciata da Papa Francesco».