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Suicidio assistito, il Veneto amplia la platea di accesso

Suicidio assistito, il Veneto amplia la platea di accessoUn fermo immagine dello spot ufficiale della campagna dell'Associazione Coscioni per l'eutanasia legale – Ansa

Una donna di 78 anni malata di cancro riceve il via libera dopo un iter di sei mesi. La signora "Gloria" è il secondo paziente italiano che ottiene in casa l’aiuto alla morte volontaria. Riconosciuti come sostegni vitali i farmaci oncologici mirati che la paziente assumeva

Pubblicato circa un anno faEdizione del 25 luglio 2023

«La vita è bella, ma solo se siamo liberi. E io lo sono stata fino alla fine. Grazie». È l’ultimo messaggio che la signora “Gloria” (il nome è di fantasia: la famiglia chiede il rispetto della privacy e del proprio dolore), paziente oncologica di 78 anni, ha lasciato prima di morire suicida domenica mattina nel proprio letto, nella propria casa in provincia di Treviso, Veneto, attorniata dai propri cari e assistita dal consigliere generale dell’associazione Luca Coscioni, l’anestesista Mario Riccio, che l’ha seguita nell’ultimo anno dopo la richiesta di aiuto della donna sfiancata dal tumore.

IL CASO DELLA SIGNORA “Gloria” è importante per almeno tre ragioni. Innanzitutto, è la seconda persona in Italia, dopo il 44enne di Senigallia Federico Carboni detto “Mario”, deceduto il 16 giugno 2022, ad aver scelto di porre fine alle proprie sofferenze tramite l’aiuto alla morte volontaria, normato in Italia solo dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019 sul caso Cappato-Dj Fabo. Si tratta anche della prima persona che nel nostro Paese ha ottenuto da parte dell’azienda sanitaria la consegna a casa del farmaco letale e della strumentazione necessaria. D’altronde il Veneto del leghista Luca Zaia è la prima Regione d’Italia ad aver depositato in Consiglio la proposta di legge regionale sul suicidio assistito elaborata dall’Associazione Luca Coscioni e sottoscritta da oltre 7 mila cittadini veneti. In Piemonte, Abruzzo, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia si stanno ancora raccogliendo le firme sul medesimo testo intitolato «Liberi Subito», mentre in Basilicata e nel Lazio la pdl verrà depositata per iniziativa dei Comuni, e in Sardegna, Puglia e Marche lo si farà per mano di alcuni consiglieri regionali.

MA LA NOVITÀ PIÙ IMPORTANTE è che il caso della signora Gloria ha ampliato il perimetro di accesso alla morte medicalmente assistita delimitato dalla sentenza Cappato/Antoniani, secondo la quale l’aiuto al suicidio non è perseguibile se il richiedente è affetto da «malattia irreversibile», se questa condizione è fonte di «intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche», se il paziente è capace di prendere decisioni «libere e consapevoli» e se l’aspirante suicida è dipendente da «trattamenti di sostegno vitale».

Su questo punto, il più controverso, nell’agosto 2022, si era bloccata la richiesta della signora Elena, 69enne veneta malata di cancro ai polmoni che avrebbe voluto morire nella propria casa ma dovette rinunciare e – come molti altri in questi anni – si recò in Svizzera, accompagnata dal tesoriere dell’associazione Coscioni Marco Cappato, per ottenere l’aiuto al suicidio. Ora, il caso della signora “Gloria” segna uno spartiacque perché per la prima volta anche i «farmaci antitumorali mirati» che la donna assumeva sono stati considerati «trattamenti di sostegno vitale» dal Comitato Etico e dall’azienda sanitaria regionali che hanno dato il via libera il 30 marzo scorso dopo circa 6 mesi dall’avvio dell’iter. Il 12 luglio la 78enne aveva fatto appello al Presidente Zaia affinché l’iter si concludesse quanto prima, visto il peggioramento delle sue condizioni.

«UN CASO STORICO», lo ha definito il dottor Riccio, il medico che già nel 2006 aveva assistito Piergiorgio Welby e era stato anche il medico di fiducia di Federico Carboni. «Ho seguito la vicenda umana e clinica della signora “Gloria” sin dal suo inizio. Ritengo che sia un dovere morale del medico sostenere il paziente che in determinate condizioni chiede di porre fine alla sua vita». Lo ha fatto dopo aver appurato l’impossibilità da parte dell’azienda sanitaria di fornire alla signora anche assistenza medica. Eppure in tanti decenni di attività il dottor Riccio sembra non essersi abituato alla morte: «È stato molto impegnativo – confessa – in questo come negli altri casi trovarsi davanti a una persona che ti chiede di morire e aiutarla a farlo. Ci sono in ballo valori molto importanti».

PER CAPPATO e l’avvocata Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Coscioni che ha capeggiato il pool legale della signora “Gloria”, «le è stata risparmiata una fine che non avrebbe voluto, grazie alle regole stabilite dalla Consulta e grazie alla correttezza e all’umanità del sistema sanitario veneto». E forse sarà proprio in Veneto che vedrà la luce la prima legge italiana sul suicidio assistito.

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