Italia

Suicidi e disperazione, in carcere per marginalità

Carcere, foto di Marco CinqueCarcere, foto di Marco Cinque – Marco Cinque

L'Oms: detenuti e giovani, i più a rischio. Due i reclusi che si sono tolti la vita negli ultimi giorni: avevano 35 e 21 anni. A Genova Marassi, un chlochard ucciso dal suo compagno di cella. Anch'egli senza fissa dimora. Dentro, entrambi, per piccoli reati

Pubblicato circa un anno faEdizione del 14 settembre 2023

Davide aveva 35 anni, gravi problemi di tossicodipendenza e alle spalle una lunga serie di episodi di autolesionismo, sintomo di un importante disagio psichico pregresso. Si è impiccato al letto della sua cella, nel carcere di Milano San Vittore, l’11 settembre scorso. Lo ha fatto con le maniche della sua felpa. Il giorno prima a Regina Coeli, nel centro di Roma, un ragazzo di 21 anni ha compiuto l’ultimo gesto con le lenzuola in dotazione nella cameretta dove era stato posto in isolamento sanitario perché gli era stata diagnosticata la scabbia. Era stato arrestato a luglio per un furto, non aveva lavoro e viveva per strada. Due vite insensatamente spezzate nelle patrie galere, le ultime due.

I suicidi dall’inizio dell’anno salgono così a 51. Non un record: alla fine dell’anno scorso si era arrivati al terribile numero di 84, di cui, secondo il rapporto di Ristretti orizzonti, 59 fino al 13 settembre 2022. Eppure, malgrado l’allarme lanciato dai media, il dibattito pubblico e una serie infinita di buoni propositi e promesse, nulla è cambiato da allora. Tranne il ministro di Giustizia e il capo del Dap. Le carceri rimangono, come denuncia Antigone, «sempre più luogo di esclusione sociale e disperazione».

Di questo parla anche l’omicidio che ieri ha segnato a lutto il carcere di Genova Marassi: Roberto Molinari, un uomo di 58 anni senza fissa dimora, finito in cella per il cumulo di piccoli reati, è stato ucciso con un corpo contundente dal suo compagno di cella, anch’egli clochard, di 48 anni, sottoposto a misura cautelare per resistenza a pubblico ufficiale. Non se ne conoscono i motivi, ma è il 65esimo detenuto morto per cause diverse dal suicidio.

Anche l’Oms che in un’indagine pubblicata recentemente considera i detenuti tra le persone maggiormente a rischio suicidio. Soprattutto se giovani. Secondo l’Organizzazione infatti l’1% delle morti nel mondo avviene per mano stessa della vittima: ogni anno sono più di 703 mila ,e muoiono dopo 20 tentativi. Per i giovani tra i 15 e i 29 anni è tra le principali cause di morte. Disagio psichico, autolesionismo, dipendenze – non solo da sostanze – sono in crescita alle nostre latitudini ed emergono sempre prima, fin dall’età puberale. E sono le minoranze a rischiare di più la morte per suicidio: secondo l’Oms l’incidenza maggiore si rileva tra le popolazioni indigene, nelle comunità Lgbtqi+, i detenuti, i rifugiati e i migranti.

Stragi silenziose che, sottolinea l’organizzazione, nel mondo libero si potrebbero prevenire soprattutto riducendo lo stigma e il taboo che ancora alberga in molte società, e la criminalizzazione dell’atto stesso. Secondo l’Oms infatti almeno 23 Paesi nel mondo (in Africa e in Asia) ancora puniscono il tentato suicidio come un crimine, con il risultato di aumentare il disagio psichico e scoraggiare i familiari dal cercare aiuto. Gli Stati dell’Oms hanno sottoscritto nel 2013 un Piano d’azione sulla salute mentale per raggiungere l’obiettivo globale di ridurre di un terzo il tasso di suicidio entro il 2030.

E nelle carceri? «Ogni suicidio è un fatto a sé – scrive l’associazione Antigone – ma le biografie di chi compie questo gesto estremo parlano di abbandono e di esclusione sociale. Il sistema penale, da questo punto di vista, non può essere trattato come un sostituto delle mancate politiche di welfare, né come uno strumento di prevenzione di comportamenti criminosi, cosa che ha dimostrato di non essere. In questa direzione va – sottolinea Antigone – sfortunatamente, anche il recente decreto Caivano. Per prevenire i reati servono investimenti sullo stato sociale, la tutela della salute mentale, il mercato del lavoro».

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