«Suicidi al top e 400 detenuti in più al mese». Soluzioni, zero
Cercere «Non c’è all’ordine del giorno da parte dei decisori ministeriali una misura contro il sovraffollamento. Pochi psicologi e pochissimi psichiatri. E d’ora in poi lavoreranno per meno ore». In audizione alla Camera, il capo del Dap Giovanni Russo: «Serve un diverso approccio»
Cercere «Non c’è all’ordine del giorno da parte dei decisori ministeriali una misura contro il sovraffollamento. Pochi psicologi e pochissimi psichiatri. E d’ora in poi lavoreranno per meno ore». In audizione alla Camera, il capo del Dap Giovanni Russo: «Serve un diverso approccio»
«Abbiamo oggettivamente un incremento di circa 400 detenuti in più ogni mese nelle carceri italiane. Ad oggi abbiamo 60.814 detenuti. Di questi, 43mila sono comuni e gli altri si dividono in alta sicurezza e 41 bis». Il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Russo davanti ai deputati della commissione Giustizia non può far altro che scattare una fotografia dell’attuale “emergenza” carceraria. 15 suicidi dall’inizio dell’anno? «C’è una tendenza al rialzo in questo primo scorcio del 2024 che per noi è abbastanza inspiegabile», anche se è un fenomeno che «si intreccia con quello del sovraffollamento», ammette. E poi, chiaro come il sole: «Non c’è all’ordine del giorno da parte dei decisori ministeriali una misura contro il sovraffollamento».
NATURALMENTE IL DAP, alle dirette dipendenze del ministero della Giustizia, cerca di evidenziare il bicchiere mezzo pieno: «Siamo però ancora lontani dalla sentenza Torreggiani che ordinò all’Italia di rimuovere le condizioni del sovraffollamento», aggiunge Russo riferendosi alla condanna della Corte europea dei diritti umani del 2013 per violazione dell’art. 3 della Convenzione. Ma è altrettanto oggettivamente evidente, confrontando i dati degli ultimi anni, come fanno notare i deputati del Pd, Debora Serracchiani e Federico Gianassi, e Riccardo Magi di +Europa, che quei dati sono il frutto delle politiche criminogene e intrise di populismo penale che hanno portato alla creazione «di 15 nuovi reati nell’ultimo anno». In particolare quelli infilati nel decreto Caivano che inaspriscono le pene per i fatti di lieve entità in violazione dell’art.73 della legge sulle droghe, un giro di vite che ha provocato un aumento di ingressi anche negli istituti per minori. E dunque il trend è destinato all’aumento costante. Come d’altronde prevedeva lo stesso Carlo Nordio prima di diventare ministro, nel suo periodo “illuminista”.
EPPURE LE UNICHE RICETTE governative per diminuire quel sovraffollamento che, sottolinea Gianassi, «in un anno è passato dal 117% al 127%», si limitano ad una potente iniezione di edilizia penitenziaria e ad una più misera «ipotesi di accordo con l’Albania affinché – spiega Russo – i detenuti albanesi in Italia possano scontare la pena nel proprio Paese in cambio di una formazione professionale» fornita dall’Italia. Oltre all’idea già espressa dal Guardasigilli di ridurre gli attuali «8-9 mila» detenuti in custodia cautelare facendo decidere la misura da una corte «collegiale e non più individuale».
Ma anche per il capo del Dap l’ossessione per la «costruzione di nuovi padiglioni ed edifici penitenziari» ha poco senso: «Ho preferito – riferisce – impiegare i 166 milioni messi a disposizione del Mit per chiudere tutti i 25 cantieri già previsti nel precedente Piano carceri e non ancora avviati. In questo modo avremo circa 2.350 posti detentivi in più entro il 2025. Con il Pnrr ci saranno altri 640 posti detentivi, mentre con i fondi del ministero della Giustizia chiuderemo altre 950 posizioni detentive». Peccato che, con questo trend, il numero dei detenuti cresce di circa 4800 unità l’anno. E dunque la ricetta basata sul mattone è utile solo agli imprenditori del settore.
ULTIMA MA NON ULTIMA, la strage che si consuma all’interno delle carceri dove il tasso dei suicidi arriva, secondo Antigone, a surclassare di 20 volte quello del mondo libero. «Il suicidio si può e si deve prevenire, ma non si può prevedere», constata Giovanni Russo che però ammette: «C’è bisogno di un approccio totalmente diverso, non è sufficiente e presenta numerose lacune la valutazione medico psicologica di primo ingresso. Abbiamo pochi psicologi e pochissimi psichiatri. Le risorse sono limitate e non c’è un’inversione di tendenza all’orizzonte sul tema». Il capo del Dap sta tentando di «mobilitare la società» su questo dramma. Riferisce di aver affidato ad un gruppo di lavoro il tentativo di coinvolgere avvocati, volontari e cappellani. Senza trascurare «il pilastro del lavoro», senza il quale nessun percorso di recupero – e di vita – sono possibili.
Ma è un dramma nel dramma, questo. Basti pensare che al momento si è riusciti solo ad adeguare il compenso per gli psicologi e i criminologi che lavorano in aiuto dei detenuti. «Hanno giustamente preteso – racconta Russo – un aumento da 17 a 30 o 40 euro l’ora. E, con l’invarianza finanziaria, avremo una riduzione di ore». Come a dire: per curare il disagio psichico e lenire la disperazione in cella, c’è solo il vuoto pneumatico.
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