Sud Sudan, stupri di massa come arma di guerra
Rapporto di Amnesty Accuse a entrambe le parti in conflitto. Le vittime sopravvissute chiedono giustizia e risarcimenti
Rapporto di Amnesty Accuse a entrambe le parti in conflitto. Le vittime sopravvissute chiedono giustizia e risarcimenti
Stupri di massa su base etnica, migliaia di donne, bambini e (più raramente) uomini vittime della violenza sessuale usata come arma di guerra. È l’orrore che denuncia un rapporto di Amnesty International pubblicato ieri, tutt’altro che ottimista sull’esito del conflitto esploso nel 2013, nel più giovane stato dell’Africa, tra le forze governative del presidente Salva Kiir, di etnia dinka, e quelle ribelli dell’ex vicepresidente Riek Machar, di etnia nuer, con rispettive milizie alleate. Il rapporto s’intitola «Non restare in silenzio – sopravvissuti alla violenza sessuale in Sud Sudan chiedono giustizia e risarcimenti» ed è stato redato insieme dieci attivisti per i diritti umani sud sudanesi, rimasti nell’anonimato nel timore di rappresaglie da parte del governo di Juba. Accuse circostanziate vengono rivolte a entrambe le parti in conflitto.
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