I capigruppo di Lega e Fi arrivano nel tardo pomeriggio a palazzo Chigi, dove li aspetta la premier per quello che sarà probabilmente l’ultimo vertice prima del varo della manovra, fissato per lunedì prossimo. Lo stato maggiore del governo è tutto presente: Giorgetti e Leo, ministro e viceministro dell’Economia, i vicepremier Salvini e Tajani. Si lavora sui particolari perché molto di più nella legge di bilancio non può esserci e non ci sarà. «Così è un dl Aiuti 5», attacca dagli spalti del Pd Misiani e non ha torto. Se su una manovra che sarà fra i 30 e i 32 miliardi se ne devono destinare 21 a energia e caro bollette, il confine tra manovra e decreto Aiuti quasi scompare. Ma più di questo non si può fare, non senza uno scostamento di bilancio che la premier ha deciso di evitare a tutti i costi e che del resto neppure il Pd chiede.

SUL FRONTE DEI RINCARI le proposte abbondano: al primo posto c’è l’abolizione totale dell’Iva su pane e latte, per un costo di 500 milioni. In discussione anche l’eliminazione degli incentivi sulla benzina, che resterebbero invece sul gasolio. Fi insiste per la completa detassazione per tre anni sui nuovi assunti al di sotto dei 34 anni.

La presidente apre le danze fissando come obiettivo principale il sostegno a fasce più povere, anziani e giovani, nonché famiglie. Come penserà di coniugare la difesa delle fasce deboli con le sforbiciate al reddito di cittadinanza che promette non è chiaro. Non lo è neppure quanto rigide saranno le restrizioni: il primo passo che chiede la premier è verificare quanti tra i percettori di reddito vivono in Italia ma non è esclusa l’estromissione dalla platea degli “occupabili”. Gli aiuti alle famiglie, invece, sarebbero già stati quantificati: raddoppio da 100 a 200 euro degli assegni per i nuclei con più di 4 figli e 100 euro per le famiglie con figli gemelli fino ai 3 anni.

La voce più rilevante è la norma sul rientro dei capitali dall’estero, quella Volontary Disclosure che avrebbe dovuto portare altri 3-5 miliardi in cassa e che si è però allontanato. I dubbi sono essenzialmente politici: questa legge di bilancio è per il governo un biglietto da visita. Sarà opportuno presentarsi con un condono? Meglio, rinviare. Ci sarà invece un accenno di pace fiscale: stralcio delle cartelle fino a mille euro, penalità ridotta al 5% e dimezzamento del saldo per quelle da mille a 5mila euro. Rientrerà, dopo essere appena uscito dall’Aiuti 4 per non irritare il Colle, il tetto del contante a 5mila euro. Resta incerta l’aumento della tassa sugli extraprofitti dall’attuale 25% al 33%.

IL GROSSO DEI FONDI non destinati a bollette ed energia, 3,5 miliardi, se ne andrà per rifinanziare il taglio del cuneo fiscale introdotto da Draghi. Non è quello che chiedevano la parti sociali. Confindustria e sindacati insistevano per concentrare i fondi su un taglio ben più corposo, ma il governo è rimasto fedele alla sua scelta strategica: limitarsi a misure minime, a semplici “indicazioni”. La stessa logica si applica alla Flat Tax, cavallo di battaglia della Lega. Ci sarà ma ridotta all’osso, con l’estensione della tassa al 15% sui redditi degli autonomi dal tetto di 60mila euro a 85mila e, salvo ripensamenti, non ci sarà neppure la Flat Tax incrementale per i lavoratori dipendenti. La scarsa copertura servirà per la detassazione dei premi di produzione.

Per il resto sono sul tavolo minuzie: qualche milione per i centri estivi per minori, una decina in più per i centri antiviolenza e le case rifugio, rifinanziamento del bonus tv e decoder, forse qualche spiccio per avviare i minori alla conoscenza del web, nel quale per la verità si orientano benissimo da soli. Infine una trovata «per proteggere i piccoli negozi di prossimità», una tassa sulle consegne a domicilio «ma non di alimentari». Su Amazon, insomma.