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Strage di Melilla, vittime ancora senza giustizia

Strage di Melilla, vittime ancora  senza giustiziaLa protesta dei migranti nei pressi del Centro di Accoglienza temporanea di Melilla – Ap

Immigrazione Un anno fa 2.000 migranti tentarono di superare la barriera, decine di morti

Pubblicato più di un anno faEdizione del 28 giugno 2023

Il 24 giugno 2022 al posto di frontiera del «Barrio Chino», tra Nador e Melilla , quasi 2 mila immigrati irregolari, principalmente sudanesi, tentarono di entrare a Melilla prendendo d’assalto l’alta recinzione di filo metallico che separa l’enclave spagnola dal Marocco. Secondo un’indagine del governo di Rabat, morirono «23 migranti, caduti dalla barriera o soffocati, durante il tentativo di entrare in Europa», ma secondo alcune associazioni le vittime sarebbero molte di più.

Ad un anno dalla strage il Forum sulle migrazioni condanna il Marocco e le politiche repressive dell’Ue. A Nador, nel nord del Marocco a pochi chilometri dal posto di frontiera di Melilla, si è concluso domenica scorsa il quinto forum sociale del Maghreb sulla migrazione (Fsmm) che aveva lo slogan «Mai più Barrio Chino, per un Maghreb libero da ogni odio, xenofobia e razzismo».

Gli interrogativi su quanto accadde risuonano ancora nei vertici di associazioni e ong tornate a Nador per «difendere i diritti dei migranti». La giustizia spagnola ha chiuso le indagini senza un nulla di fatto e per quella marocchina le responsabilità sono esclusivamente dei migranti che in questo caso sono stati condannati al carcere per violenza e degrado.

«Durante questi eventi, ci sono state situazioni che continuiamo a deplorare. Ci sono stati arresti, feriti e sfollati abbandonati al loro triste destino. Ancora oggi i familiari delle vittime continuano a chiedere informazioni sulle vere cause di questa strage di innocenti», ha ricordato Francky Hangar, segretario generale dell’Organizzazione Democratica dei Lavoratori Immigrati in Marocco. Una denuncia legata anche «all’uso strumentale dei flussi migratori» da parte di Rabat per ottenere un riconoscimento internazionale della sua sovranità sul Sahara occidentale occupato.

Per Kamel Larbi, organizzatore del forum, è necessario che le autorità marocchine forniscano maggiori informazioni per comprendere le origini del dramma. «Ciò che sorprende è che i servizi di sicurezza marocchini, molto attivi contro attivisti e giornalisti, non sono stati in grado di rilevare oltre 2 mila migranti che hanno percorso 6 km, passando anche davanti a una caserma, senza che nessuno intervenisse», ha indicato Larbi, sconfessando la versione ufficiale di Rabat sulla «mafia del traffico di esseri umani dietro questo evento».

L’Associazione marocchina per i diritti umani (Amdh) ha presentato un rapporto che punta il dito contro la responsabilità delle autorità marocchine in questa tragedia, denunciando «27 morti, decine di dispersi e centinaia di feriti». L’Amdh ha indicato nel suo rapporto che la violenza degli agenti di polizia marocchina nei campi profughi «è aumentata nei giorni precedenti l’attacco al posto di frontiera, bruciando tende, beni e persino riserve di cibo», causando di conseguenza questa reazione da parte di migliaia di migranti.

Gli attivisti per i diritti umani nel Maghreb hanno condannato la politica migratoria dell’Unione europea e hanno dichiarato di «rifiutare le pressioni europee per l’esternalizzazione dei suoi confini e le espulsioni di massa di migranti e richiedenti asilo».

Nel suo documento conclusivo il Fsmm ha denunciato «l’approccio razzista e di chiusura delle frontiere da parte dell’Ue», cosa che ha causato centinaia di morti e sparizioni di migranti, richiedendo l’istituzione di commissioni d’inchiesta indipendenti per «fare luce sulle tragedie avvenute nella regione del Maghreb», in particolare in Marocco, Tunisia e in Libia.

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