Per la quarantatreesima volta Bologna si prepara a ricordare la strage del 2 agosto, l’attentato alla stazione che uccise 85 persone e ne ferì 200. La cerimonia di quest’anno è la prima da quando Meloni è al governo, e per questo assume una valenza politica particolare. Come reagirà una premier di estrema destra al ricordo di un attentato che i magistrati hanno riconosciuto essere di matrice fascista?

IL PROGRAMMA organizzato dalle istituzioni è ampio. Già ieri al centro culturale Villa Torchi l’assessore regionale Igor Taruffi, membro di Sinistra Italiana e vicino a Schlein, ha partecipato ad un evento in memoria dei bambini vittime della bomba. Nella mattinata si sono concluse le staffette ciclistiche e podistiche «Per non dimenticare il 2 agosto 1980», mentre la sera in piazza Maggiore è stato proiettato il documentario Quel dolore non è immobile. Oggi, invece, la celebrazione vera e propria.

All’incontro coi parenti delle vittime parteciperanno il governatore Stefano Bonaccini, il sindaco Matteo Lepore, il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime Paolo Bolognesi. Prevista la presenza anche della segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, che in Emilia Romagna era stata vicepresidente, e di Patrick Zaki, l’attivista egiziano appena rientrato in Italia dopo una lunga prigionia. Assente invece Giorgia Meloni. Al suo posto il governo ha mandato il ministro dell’interno Matteo Piantedosi. Un tecnico che conosce bene Bologna, avendoci studiato ed essendone stato prefetto.

«Nessuno di noi era a Bologna» è uno storico slogan usato in passato anche da membri del partito di Meloni in riferimento ai fatti del 2 agosto 1980. Una frase che esprime l’innocentismo professato da parte della destra, ma anche la contiguità tra gli antenati di Fratelli d’Italia, il Movimento Sociale Italiano, e i terroristi di destra riconosciuti colpevoli della strage. Difficilmente da Meloni vedremo toni simili.

La maggioranza sembra aver scelto toni sommessi: nessun nome scomodo a Bologna (non quello del presidente del Consiglio, non il presidente del Senato), niente polemiche della vigilia, il guardasigilli Nordio che dice «accertata la matrice neofascista della strage». A tenere banco resta solo la richiesta, presentata a inizio luglio, di una commissione parlamentare d’inchiesta su Bologna alla ricerca di piste alternative – del sottosegretario Mollicone e altri parlamentari, quasi tutti di Fratelli d’Italia.

NON È DETTO che questo basti a chi ha sofferto in prima persona. «Se Meloni ha cose chiare da dire, bene. Se sono frasi di circostanza, meglio il silenzio» ha dichiarato Bolognesi. «Abbiamo bisogno di verità, non di spalle su cui versare lacrime». E sulla visita di Piantedosi è prudente. «Conosce la città, sa che aria tira, quando era prefetto avevamo un buon rapporto. Mi ha telefonato. Gli faremo domande, speriamo ci dia risposte».