«Senza di loro, senza i famigliari delle vittime, noi bolognesi non saremmo quello che siamo». Matteo Lepore è il primo sindaco di Bologna ad essere nato dopo la bomba. Lui stesso lo sottolinea parlando dal palco nel corso delle commemorazioni per il quarantaduesimo anniversario della Strage alla stazione.

Era un sabato di sole e di vacanza, quel 2 agosto, quando una bomba posta su di un tavolino nella sala d’aspetto di seconda classe scoppiò alle 10:25 del mattino, uccidendo 85 persone e ferendone oltre 200.

Dal 1980, il secondo giorno di agosto per i bolognesi è una data importante: chi c’era sa esattamente cosa stava facendo, chi non c’era conserva una memoria più o meno diretta in famiglia. E a distanza di 42 anni Bologna è ancora saldamente al fianco di chi non ha smesso un solo giorno di chiedere verità e giustizia. Lo fa sfilando ordinata e composta nel lungo serpentone che da piazza del Nettuno porta i famigliari delle vittime davanti alla stazione, dietro lo striscione «Bologna non dimentica». Lo fa con un applauso quando sfilano i feriti e i famigliari delle vittime, riconoscibili dalla gerbera bianca appuntata sul petto; lo fa ascoltando in un composto silenzio quando parla Paolo Bolognesi, il presidente dei famigliari; lo fa ammutolendosi completamente alle 10:25 e commuovendosi quando il triplice fischio del locomotore fa sciogliere la tensione in un lungo applauso.

Quest’anno il lungo lavoro dei famigliari delle vittime sulla strada della verità ha ottenuto un importante risultato.

Lo scorso 6 aprile il Tribunale di Bologna ha condannato in primo grado il quinto esecutore materiale dell’eccidio (insieme a Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini), l’ex avanguardista Paolo Bellini, killer di ‘ndrangheta e informatore dei Carabinieri.

«La ricostruzione delle protezioni di cui ha beneficiato Bellini è impressionante- dice Bolognesi- a partire dai rapporti col procuratore capo di Bologna nel 1980, Ugo Sisti che contribuì a dirottare l’inchiesta sulla strage verso una fantomatica pista internazionale». Oltre a Bellini, la corte d’assise di Bologna, ha condannato per i depistaggi l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel e l’ex amministratore di condominio Domenico Catracchia.

Fu «un infame impasto di fascisti, criminalità e istituzioni deviate», come lo ha definito il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, a Bologna come rappresentante del governo, a compiere uno degli eccidi più efferati dell’intera storia repubblicana. Dal palco di piazza Medaglie d’oro, proprio accanto a quell’ala della stazione che fu polverizzata dal tritolo, Bolognesi sottolinea quello che finora hanno scritto le sentenze: «La strage del 2 agosto va inserita nella più ampia strategia della tensione, perseguita dall’eversione di destra e sostenuta da un coacervo d’interessi di cui erano portatori, oltre le frange neofasciste, anche i vertici dei Servizi Segreti, la massoneria piduista ed esponenti politici».

Una marcia per la verità iniziata 42 anni fa che punta dritta dritta al cuore dello Stato: «Nel 1978 avvenne la nomina da parte dell’allora Consiglio dei ministri, presieduto da Giulio Andreotti, con l’avallo di Francesco Cossiga, dei direttori dei Servizi Segreti tutti iscritti alla loggia massonica P2 e infedeli allo Stato democratico» ha ricordato il presidente dei famigliari delle vittime.

All’inizio delle commemorazioni, nel cortile d’onore di palazzo d’Accursio, davanti ai rappresentanti delle istituzioni, Bolognesi ha ricordato che la legge sugli indennizzi e i benefici contributivi per le vittime di terrorismo, che molti dei feriti considerano ancora una ferita aperta, dopo 18 anni dalla sua presentazione e ad un passo dalla sua approvazione, sia stata bloccata dalla crisi di governo. «Continueremo a lottare per avere questo riconoscimento» ha detto Bolognesi.

La tenacia dei famigliari delle vittime è stata anche elogiata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha inviato un messaggio: «La loro tenacia ha sostenuto l’opera di magistrati e di servitori dello Stato che sono riusciti a fare luce su autori, disegni criminali, ignobili complicità».

«Per noi familiari delle vittime fare la propria parte significa continuare a perseguire giustizia e verità» ha detto Bolognesi che in chiusura si è rivolto ai cittadini: «Come fare la propria parte, ce lo avete insegnato per primi voi: 42 anni fa molti di voi sono rientrati dalle ferie per prestare soccorso; alcuni scavando con le mani tra le macerie ci hanno salvato la vita; tutti voi, stando ogni anno qui al nostro fianco, date forza e aggiungete valore al nostro impegno. Facendo la propria parte, un’azione alla volta, una scelta alla volta, si può cambiare il mondo. Di fronte a questa splendida piazza – ha concluso Bolognesi – viene da dire che facendo la propria parte, se anche tutto sembrerà difficile, nulla sarà davvero impossibile».