Cultura

Storie e parole di libertà che vengono dal carcere

Storie e parole di libertà che vengono dal carcereCarcere / foto Ansa

ANTOLOGIE «L’ascolto smarrito» e «Salvate dai pesci», entrambi editi da Castelvecchi

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 28 agosto 2024

«Trovo dentro me come cipolla/ E infatti possiedo tanti strati/ Così tanti che per me è difficile scriverli./ Sono buono ma anche cattivo/ Giusto ma anche sbagliato/ Onesto ma anche bugiardo/ Coraggioso ma fifone/ Determinato ma anche no/ Amo il bene, ma adoro il male/ Sono tutto quello che voglio essere./ Forse un giorno capirò…». È dall’«Ascolto» di se stessi e degli altri, di chi ha sbagliato e di chi ha subito l’errore, delle vittime e dei carnefici, dell’essere e del voler essere, che nascono testi come questi, scritto da uno dei ragazzi dell’Istituto penale per i minorenni (Ipm) «Malaspina» di Palermo. Perché a sentire sono bravi tutti ma ascoltare è altra cosa. È cura collettiva. Così, nel 2023, nell’ambito della prima edizione del Curae Festival di Pontremoli, «il primo festival italiano dedicato alla giustizia minorile che propone di intrecciare i temi del teatro, della mediazione e della giustizia riparativa», sono stati realizzati laboratori di scrittura con i giovani detenuti di dieci Ipm italiani: Acireale, Airola, Bari, Bologna, Cagliari, Caltanissetta, Catanzaro, Milano, Palermo e Pontremoli.

DA QUESTO PERCORSO, durante il quale i ragazzi sono stati sollecitati con versi della poetessa polacca Wislawa Szymborska, di Irene Whitehill, di Chandra Livia Candiani e altri haiku giapponesi, «privilegiando un approccio poetico anziché argomentativo», nasce il volume L’ascolto smarrito dato alle stampe da Castelvecchi (pp. 80, euro 12), a cura del regista e drammaturgo Paolo Billi, direttore artistico del Teatro del Pratello di Bologna e presidente dell’Associazione nazionale teatri e giustizia minorile, e di Federica Brunelli, mediatrice esperta di giustizia riparativa. Testi, poesie, canzoni definiti dalla dirigente del Dipartimento di giustizia minorile Cira Stefanelli come «straordinariamente sorprendenti», perché «ci svelano una profondità inaspettata per chi abitualmente si mostra reticente al dialogo o mette in atto comportamenti distruttivi verso sé e gli altri». Un’esperienza che fa bene e «innesca speranze». Perché, come il teatro – spiega Mario Schermi, formatore del ministero della Giustizia -, è «pratica del bello», è promozione del «riconoscimento».

ALLO STESSO MODO, sempre per i tipi di Castelvecchi, il volume Salvate dai pesci. Racconti delle detenute di Rebibbia, curato da Mauro Corso (pp. 114, euro 15) raccoglie i frutti del laboratorio realizzato dall’organizzazione di volontariato Ri-scatti e condotto dall’attrice e narratrice Michela Cesaretti Salvi nella sezione femminile del carcere romano, tra 2022 e 2023. L’obiettivo iniziale era quello «di condurre le donne coinvolte a raccontare la propria storia in modo fiabesco e in uno stile comprensibile anche per un bambino». Obiettivo troppo impegnativo per le detenute, spesso dal passato difficile e doloroso. Così alla fine quello spazio mediato è diventato uno spazio liberato, libero e autogestito. Nel quale è potuto accadere di tutto. Anche che la sorella «cattiva» invece di quella «buona» -come avviene nella favola raccontata nel volume da Floriselda – venga salvata dai pesci, archetipo della verità profonda.

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