«Stop per due settimane o partite a porte chiuse»
Serie A Il premier chiama il numero 1 della Figc. Parola ai club, poi deciderà il governo
Serie A Il premier chiama il numero 1 della Figc. Parola ai club, poi deciderà il governo
La Serie A che si ferma due settimane per il Covid-19, ora l’ipotesi è concreta. Così come l’opzione del ritorno a partite a porte chiuse. La telefonata di ieri tra il premier Draghi e il presidente della Figc Gabriele Gravina è la punta dell’iceberg per il torneo fatto a pezzi dalla variante Omicron. Tre partite rinviate tra oggi e domani, 8 in tutto contando quelle già non disputate lo scorso turno e Udinese-Salernitana della 18esima giornata. Eppoi ci sono ancora atleti positivi, il controverso protocollo della Lega calcio sui 13 elementi (tra cui un portiere) per giocare una partita e il conflitto di potere con le autorità sanitarie, indigeste alla Lega di Serie A e alla federcalcio, a loro volta incapaci di rimodulare il calendario, costringendo a scendere in campo squadre con potenziali focolai all’interno.
A Draghi è bastato analizzare quanto avvenuto alla Befana, dal metro diseguale utilizzato dalle autorità sanitarie, tra partite rinviate e altre (Spezia-Verona, Juventus-Napoli) giocate in presenza di più che potenziali focolai, all’impiego di calciatori per cui era stata disposta la quarantena. Il caos insomma. Draghi ora interviene, forse in ritardo, anche se la Figc spinge, nel caso, per le partite a porte chiuse: il calendario è troppo compresso per recuperare turni nei prossimi mesi. Certo, la pandemia ha inciso anche in tornei di altri paesi – la Premier League è stata anche più toccata dalla pandemia -, ma la situazione italiana è così in bilico da richiedere un impegno di tutti gli attori della vicenda, per individuare un percorso comune e non falsare ancora di più un torneo già compromesso nei fatti.
La telefonata tra il premier e il numero uno della federcalcio ha seguito, per paradosso, l’esito dell’Assemblea di Lega avvenuta ieri in cui sono stati confermati i prossimi turni di campionato, la Coppa Italia e la Supercoppa italiana Juve-Inter del 12 gennaio. E ora, in attesa di decisioni governative, lo sguardo è rivolto alla Conferenza Stato-Regioni del 12, alla presenza dei ministri Speranza e Gelmini, che dovrebbe servire per armonizzare gli interventi delle Asl: solo nell’ultimo turno, in situazioni assai simili, sono state rinviate alcune partite e giocate altre in situazioni di estremo pericolo. Al vertice del 12 gennaio, come annunciato ieri dal sottosegretario allo Sport, Valentina Vezzali, sono invitate le federazioni di calcio, basket e volley, nel tentativo di raffreddare gli animi e trovare soluzioni.
Gli errori ci sono, soprattutto ci sono stati. A partire dall’incapacità, o soprattutto mancata volontà, di rinviare le ultime due giornate di campionato da parte della Lega, che si è appigliata all’esecuzione di un protocollo rilanciato pochi giorni fa ma tremendamente simile a quello siglato nella primavera 2020, dopo la prima ondata della pandemia (specie sui 13 elementi sani che bastano per disputare una gara), senza tener conto che le varianti hanno reso assai più trasmissibile il virus e che quindi il conto degli atleti contagiati è sempre più alto.
La Serie B, la Lega Pro e altri sport come il rugby hanno deciso di fermarsi per un mese, attendendo il picco di Omicron. In Serie A – a differenza che in Premier League – ci sono ancora squadre costrette a presentarsi sui campi in borghese, pur sapendo da ore, giorni, che gli avversari non ci saranno per la partita. Per questo motivo l’appello all’unità, all’intervento del governo, appare tardivo. Servono scelte decise, univoche, da seguire, senza più procedere per tentativi. Almeno per evitare altre figuracce.
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