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Stop all’invio dei migranti in Rwanda: «Non è sicuro»

Stop all’invio dei migranti in Rwanda: «Non è sicuro»

Regno unito La sentenza della Corte d'appello. Che apre però alla possibilità di attuare la legge se Kigali rettificherà «i difetti nel suo processo di asilo». Sunak: «Ci appelleremo alla Corte suprema»

Pubblicato più di un anno faEdizione del 30 giugno 2023

I «Il Rwanda non è un paese terzo sicuro». Questa è la conclusione della Corte d’Appello britannica che rende illegale il progetto di rimpatrio obbligatorio nei confronti di migranti clandestini voluto dall’allora primo ministro conservatore Boris Johnson e sostenuto dall’attuale premier Rishi Sunak. I tre giudici dell’Alta Corte di Giustizia hanno indicato, in una sentenza di 160 pagine, il rischio per i richiedenti asilo in un paese «non sicuro», con la concreta possibilità che «i migranti vengano rimandati nel loro paese di origine in attesa della revisione della loro richiesta». Tuttavia, il tribunale lascia la porta aperta per l’attuazione della politica, se Kigali rettificherà «i difetti nel suo processo di asilo».

A DICEMBRE l’Alta Corte aveva però convalidato il testo, prima di autorizzare un ricorso. L’opposizione, che non è riuscita a bloccare il progetto in Parlamento, lo ritiene «impraticabile, disumano e troppo costoso». A inizio settimana infatti il ministero dell’Interno ha stimato il costo del trasferimento per ogni richiedente asilo: circa 200mila euro a persona, molto più caro di quanto costerebbe l’alloggio nel Regno unito.
La sentenza di ieri sul controverso piano del governo britannico per «inviare» i richiedenti asilo in Rwanda è frutto del ricorso presentato all’Alta Corte di Giustizia britannica da diversi gruppi per i diritti dei migranti, in particolare Care4Calais e Detention Action, nonché del sindacato dei servizi pubblici e commerciali, che rappresenta il personale di frontiera che dovrà far rispettare la legge.

I QUERELANTI hanno da sempre considerato il provvedimento dell’ex premier Johnson «illegale e immorale» ed hanno attivato una serie di azioni legali che hanno costretto il governo inglese ad annullare il primo volo di espulsione, programmato lo scorso 14 giugno 2022.
Nell’aprile 2022, il governo britannico aveva annunciato un accordo con il paese africano in base al quale «qualsiasi migrante entrato illegalmente in Gran Bretagna potrà venire mandato in Rwanda, indipendentemente dal suo background e dalla sua nazionalità, per attivare la sua richiesta di asilo». In cambio di questo “servizio”, Londra ha firmato aKigali un grosso assegno da 140 milioni di euro.

Il Rwanda, paese a sua volta segnato dalla guerra civile e dall’esilio, si è posizionato da diversi anni nella nicchia del subappalto di rifugiati per i paesi occidentali: quello che le Ong hanno definito «l’esternalizzazione dell’asilo». Una tendenza attualmente in crescita: è possibile un accordo anche con il governo danese, al quale in cambio di consistenti finanziamenti Kigali promette «di integrare i richiedenti asilo nel suo sistema educativo e di offrire loro un nuovo futuro e lavoro».

SECONDO le associazioni umanitarie e la società civile inglese sono numerosi i dubbi sulla «legalità del provvedimento e la successiva sorte degli immigrati inviati in Rwanda», visto che già nel 2013 un accordo simile con Israele è stato rapidamente abbandonato quando si è saputo che «i rifugiati erano stati detenuti, altri picchiati in prigione» e, secondo l’Ong Human Rights Watch, molti «avevano pagato i trafficanti per lasciare il Rwanda».
Da parte sua il governo conservatore inglese ha affermato che si appellerà contro questa decisione. «Rispetto la corte, ma fondamentalmente non sono d’accordo con le sue conclusioni – ha commentato Sunak – per noi il Rwanda rimane un ottimo partner e ci appelleremo alla Corte Suprema per far valere le nostre decisioni».

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