Stefano Ciafani è stato appena confermato alla guida di Legambiente per i prossimi 4 anni, attaccando il «partito trasversale della lentezza», che si oppone alla transizione ecologica. «Abbiamo invece bisogno di fare bene e velocemente» spiega.

Durante il Congresso avete lanciato un messaggio chiaro e netto al governo: stop alle fonti fossili, stop al nucleare, una falsa soluzione.
Negli anni Novanta l’associazione ha condotto una battaglia contro le centrali a carbone, dicendo che il Paese doveva puntare sul gas metano come fonte fossile di transizione. Questo accadeva trent’anni fa, quando le tecnologie rinnovabili, e parlo anche di accumuli e reti di trasmissione, non erano mature. Oggi utilizzare l’argomento di una transizione giusta, o pragmatica, che non lasci indietro nessuno, come da slogan di Meloni e Salvini, serve solo ad allungare nel tempo i profitti per le aziende fossili. Questa narrazione, però, è trasversale: riguarda anche il presidente Pd dell’Emilia-Romagna, Bonaccini, o il sindaco Pd di Ravenna, De Pascale, a proposito del distretto di idrocarburi della città.
Utilizzare l’argomento di una transizione giusta, o pragmatica, che non lasci indietro nessuno, come da slogan di governo, serve solo ad allungare nel tempo i profitti per le aziende fossili
Il governo Meloni ha capito questa urgenza?
Avevamo dato credito alle affermazioni di Mario Draghi durante le consultazioni a cui abbiamo preso parte, ma sulla transizione ecologica dopo un anno ne abbiamo riconosciuto e denunciato il fallimento. Per stare agli ultimi tre governi, abbiamo bocciato l’impegno del governo Conte II, il cui ministro era Sergio Costa, stra-bocciato il governo Draghi con Cingolani, nonostante l’impegno sulle infrastrutture di Giovannini e sull’agricoltura di Patuanelli, ma in quello Meloni facciamo fatica a trovare le cose positive, anche nelle ultime settimane prime della Cop28. Abbiamo sempre usato chiarezza, cosa che ci ha riconosciuto anche Pichetto Fratin nel video messaggio indirizzato al Congresso. Anche per questa chiarezza, credo, l’associazione ha aperto 68 nuovi circoli, allargando la base associativa nonostante l’emergenza da Covid-19 con tutte le restrizioni che ha portato.

Uno dei nodi controversi della transizione alle rinnovabili è oggi, l’eolico. Che non piace a tutti.
Credo che l’eolico vada fatto dove c’è vento. Le proteste sull’impatto paesaggistico dell’eolico non tengono conto della devastazione paesaggistica dalla crisi climatica, perché tra 30 o 40 anni le Alpi e gli Appennini non saranno più quelli che conosciamo, e non torneremo più indietro. Bisogna certo costringere le aziende a fare progetti integrati, costruendo percorsi territoriali di partecipazione che smontino una serie di paure, che sono legittime, e portino anche a modificare e migliorare i progetti presentati. L’unica devastazione da evitare però è quella della crisi climatica. Senza l’eolico industriale non chiuderemo le centrali a gas. Anche se è arrivato finalmente il decreto sulle comunità energetiche rinnovabili, non potranno rispondere a più di un terzo del fabbisogno aggiuntivo di potenza che va installato entro il 2035. Servono impianti a terra e a mare, come serve il fotovoltaico anche a terra, accanto alle autostrade, alle ferrovie e nelle aree inquinate.

Oltre al gas, invece, il governo punta sul nucleare, tema caldo alla Cop28.
Cingolani avrebbe dovuto essere il paladino della transizione ecologica, ma difende il nucleare insieme a Salvini e Meloni. Del resto, fu il primo a parlare di transizione ecologica come bagno di sangue. A tutti loro dico che il nucleare è morto nel mondo, che il numero di reattori spenti ogni anno è superiore a quello dei nuovi impianti realizzati. È una tecnologia in via di estinzione e questo non grazie al lavoro degli ambientalisti, perché è stato il mercato a decretarne il fallimento: un kilowattora nucleare costa di più di quello da rinnovabili. Senza parlare di scorie, né di rischi di incidenti. Il governo Meloni è agli anni Ottanta, a prima di Chernobyl.

Con chi dialoga, invece, Legambiente?
Nel partito della transizione ci sono tanti soggetti. Anche amministrazioni di centrodestra, come quella di Ragusa che ha approvato un regolamento edilizio per permettere l’installazione di pannelli fotovoltaici anche nel centro storico di Ibla, una delle capitali del Barocca siciliano. E poi le imprese che abbiamo visitato da maggio con la nostra campagna itinerante: fabbriche di pannelli fotovoltaici, fonderie, cartiere, vetrerie, realtà che realizzano azioni di rigenerazione urbana. La transizione è già realtà: 3,2 milioni di persone secondo Symbola e UnionCamere lavorano nell’economia verde.