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Stati uniti, nuovi focolai nella cintura del sole

Stati uniti, nuovi focolai nella cintura del soleRiaperto il Busch Gardens Tampa Bay, in Florida – Ap

Coronavirus Con le riaperture, dall’Arizona alla Carolina, le infezioni sono in aumento. Il problema della mancanza di direttive e della pressione sociale si ripresenta in diversi stati, anche in zone meno affini a Trump. Ma l’amministrazione esorta le autorità locali a rassicurare: più casi dovuti all’aumento dei test

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 17 giugno 2020

Negli Stati Uniti per settimane epidemiologi, sindaci di piccole città e funzionari sanitari avevano continuato a ripetere un unico concetto rimasto inascoltato, vale a dire che una volta che negli Stati fossero iniziate le riaperture, sarebbe seguita un’ondata di casi di coronavirus.

Questo scenario, purtroppo, si sta verificando negli stati di una gran parte del Paese, in particolare nella cosiddetta sun belt, che comprende Arizona, Florida, Georgia, Louisiana, Mississippi, New Mexico, Carolina del Sud, Texas, California, Carolina del Nord, e lo Utah, dove nascono nuovi e allarmanti focolai.

L’Arizona ha chiesto agli ospedali di attivare i piani di emergenza per far fronte alle richieste di pazienti affetti da coronavirus, la Florida viaggia a un ritmo di 1.000 nuovi contagi al giorno, l’Oregon non è riuscito a contenere la diffusione del virus in molti centri, portando il governatore a mettere in pausa quella che era stata una riapertura graduale, e così sta accadendo anche in Utah, mentre in Texas i casi stanno aumentando rapidamente nelle città più grandi come Houston, San Antonio e Dallas.

SE I CASI QUOTIDIANI di coronavirus negli Stati Uniti nel complesso sono sostanzialmente stabili, lo si deve ai dati che arrivano da quelli che prima erano i focolai peggiori, come New York, il New Jersey e altri stati del nord est che stanno affrontando le riaperture con cautela, testando quotidianamente e ripetutamente quanti più cittadini possibile, cercando di isolare fuori dai nuclei famigliari i casi lievi e, più di tutto, basando le date dei vari gradi di riapertura non sul calendario, ma su i dati elaborati in una griglia di parametri che va dalle ospedalizzazioni ai decessi, ai nuovi infetti.

Se New York State da giorni registra decessi per coronavirus di poco superiori ai 20, gli altri stati stanno tristemente compensando.

I PICCHI STANNO PORTANDO le autorità di questi stati a un crocevia: accettare il continuo aumento delle infezioni come un costo previsto per la riapertura delle economie, o rallentare l’ammorbidimento delle restrizioni o addirittura imporre un nuovo insieme di limiti.

A Houston, il principale funzionario eletto della contea, ha avvertito che la comunità è «sul precipizio di un disastro» e ha invitato i residenti a minimizzare i contatti con gli altri, ma il suo appello è rimasto inascoltato.

«Basta fare un giro in un centro commerciale per capirlo – dice Serge, programmatore 48enne – la gente si accalca per ordinare i panini, nei saloni per la manicure le persone sono sedute vicine e senza mascherina. Ci sono cartelli che invitano al distanziamento sociale e all’uso delle mascherine ma sembrano decorazioni natalizie dimenticate lì. Il fatto è che non ci sono vere e proprie leggi o direttive. Il governatore è amico di Trump, sostiene che salvare l’economia vale la vita di un po’ di gente, specie se anziana. Bisogna farsi autonomamente il proprio vademecum e poi resistere alla pressione di tutti quelli che attorno a te vivono come se il virus fosse sparito».

Il problema della mancanza di direttive e della pressione sociale si ripresenta in diversi stati, anche in zone meno affini a Trump.

«Per le prossime settimane non vedo altro se non un aumento del numero dei casi – dice Andrea, infermiera in un ospedale di Tucson, una delle città più democratiche della repubblicana Arizona – il governatore Ducey dice che l’aumento dei test è la causa dell’aumento dei casi, ma i dati mostrano che i casi aumentano a una velocità maggiore rispetto ai test. La scorsa settimana i test sono aumentati di circa il 18% mentre i positivi del 54%. Ma questa consapevolezza non è così diffusa tra i cittadini».

QUELLO DEL NUMERO dei test è un concetto fuorviante promosso dalla Casa Bianca al punto che il vicepresidente Mike Pence ha incoraggiato i governatori ad adottare l’affermazione dell’amministrazione secondo cui l’aumento dei test spiega i numeri su i contagi.

IN UNA TELEFONATA con i governatori, il cui audio è stato ottenuto dal New York Times, Pence li ha esortati «a continuare a spiegare il numero in salita dei contagi ai vostri cittadini con un aumento dei test».

«Qua ormai la situazione è tranquilla come da voi in Italia dove è tutto passato – dice Wendy, personal trainer 47enne che vive a Boca Raton, nel sud della Florida, iscritta democratica e fiera anti Trump – Il virus non c’è più. Basta mettersi la mascherina e lavarsi le mani. Vedo i miei amici, vado in spiaggia, al ristorante, d’altronde ho un sistema immunitario forte. Ho ricominciato a fare lezione all’interno per usare l’aria condizionata e evitare le zanzare, i miei clienti sono tutti ultrasessantenni ma portano la mascherina. Non voglio fare il test perché se risultasse positivo non mi farebbero lavorare, ma questo virus ormai è debole, lo dicono tutti, non muore più nessuno. Se ti capita è perché è uscito i tuo numero».

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