Una raffica di leggi promulgate dagli stati ad amministrazione repubblicana (che per tradizione ha il colore rosso, contro il blu dei democratici) disegnano i contorni di una “secessione giuridica” sempre più marcata in questo paese spaccato e in balia di una divisione ideologica sempre più esasperata.

In Florida è da poco in vigore la legge che vieta insegnamenti nelle scuole pubbliche “atti a mettere a disagio” studenti di razza bianca – l’eufemismo si riferisce all’insegnamento della storia schiavista che potrebbe venire a turbare l’armonia di un paese “che ormai ha fatto tanti progressi.”

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Il Texas ribadisce la legge che ha di fatto vietato l’aborto fissando entro sei settimane (termine entro il quale molte donne non sanno ancora di essere incinta) il limite oltre il quale la procedura non può più essere effettuata.

In regime federalista, gli stati americani hanno ampia giurisdizione di legiferare sul proprio territorio. Esistono pur tuttavia statuti federali con precedenza legale.

In merito all’aborto, la giurisprudenza che lo garantisce come diritto di ogni donna discende dalla sentenza della Corte suprema nota come Roe v. Wade (del gennaio 1973). Quando alcuni stati conservatori – come Kansas o Mississippi – hanno in passato tentato di abrogarlo entro i propri confini, associazioni per i diritti civili sono ricorse al tribunale costituzionale che ha regolarmente ribadito la garanzia di questo diritto. Una situazione che potrebbe però presto cambiare vista la super-maggioranza conservatrice di cui i repubblicani dispongono oggi alla Corte suprema.

Il Texas non ha voluto aspettare e ha formulato la proibizione come “diritto” di ogni cittadino texano a denunciare con querela di parte una donna che facesse ricorso alla procedura, nonché chiunque (medico, assistente sociale, tassista….) che le procurasse ausilio o consiglio per farlo.

Ogni querelato è passibile di ammenda fino a 10.000 dollari (pagabile al delatore) e non vi è limite al numero di querele cui può essere soggetto. Un escamotage che in sostanza arruola la cittadinanza nella crociata anti abortista, sottrae lo stato alla giurisdizione della corte costituzionale e richiama i posse comitatus, le milizie volontarie arruolate dagli sceriffi per dare caccia ai fuorilegge nel Texas di frontiera.

Si tratta di un abile stratagemma per aggirare la costituzione (nonché di un sistema particolarmente odioso per militarizzare la delazione e scatenare la folla contro i diritti delle concittadine).

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Nell’imperante atmosfera di scontro ideologico a oltranza, altri stati stanno ora imitando il Lone Star state, spingendosi in alcuni casi perfino oltre – come l’Idaho che ha inserito nel proprio statuto la clausola secondo cui sono passibili di querela anche le donne che disperate lasciano lo stato per abortire altrove.

Come molti altri statuti improntati alle “culture wars”, le leggi esprimono una politica “performativa” volta soprattutto a consolidare il sostegno dello zoccolo duro in vista delle prossime elezioni.

È il caso anche delle leggi che prendono di mira la comunità trans. Dal mese scorso ad esempio, in Arkansas è reato per un genitore o operatore sanitario offrire “pratiche cliniche affermative del gender” a minori trans.