Gli studenti della Stanford University hanno vinto. Il neuroscienziato Marc Tessier-Lavigne, fino a ieri rettore dell’università californiana, ha annunciato le sue dimissioni dopo la pubblicazione di un rapporto che lo accusa di aver firmato ricerche truccate. Tessier-Lavigne era da sette anni al vertice dell’ateneo della Silicon Valley, uno dei più prestigiosi al mondo con un budget da 9 miliardi di dollari – pari all’intero finanziamento pubblico delle università italiane – e 7.700 studenti iscritti. La denuncia era partita nel novembre 2022 dallo Stanford Daily, il piccolo giornale degli studenti, con una serie di inchieste del diciottenne Theo Baker. Le accuse riguardavano studi realizzati tra il 1999 e il 2009, quando Tessier-Lavigne dirigeva il laboratorio della multinazionale biotecnologica Genentech. Nelle ricerche sotto la lente, immagini riferite a esperimenti diversi apparivano stranamente identiche, come se gli esperimenti non fossero stati davvero eseguiti e le figure fossero riciclate per mostrare risultati mai ottenuti. La comunità scientifica, ha rivelato il Daily, si era accorta delle manipolazioni già nel 2015.

IL RETTORE ha sempre negato. La commissione di inchiesta istituita dall’ateneo ha confermato le frodi, escludendo tuttavia che sia stato Tessier-Lavigne – ma piuttosto un suo collaboratore – a truccare i dati. La relazione però lo ha incolpato in quanto direttore delle ricerche per non averle corrette una volta scoperte le truffe. La commissione ha messo anche in luce i metodi tossici con cui lo scienziato guidava il gruppo di ricerca, basati sul «premiare i “vincenti” (cioè i ricercatori che generavano risultati favorevoli) e marginalizzare i “perdenti” (i ricercatori che non riuscivano a ottenere tali dati)».

Prima di dimettersi, a Tessier-Lavigne ha riconosciuto le proprie negligenze. «In alcune occasioni avrei dovuto essere più attento», ha scritto a colleghi e studenti. «Voglio che sia chiaro che mi assumo la responsabilità per il lavoro dei membri del mio laboratorio». Ora le riviste che avevano pubblicato le ricerche di Tessier-Lavigne – e che in alcuni casi avevano condiviso con l’ex-rettore la decisione di non correggerle – annunciano la loro cancellazione.

LO SCANDALO porta clamorosamente alla ribalta il diffuso problema delle frodi scientifiche, che riguarda migliaia di ricerche pubblicate ogni anno e spesso tenuto sotto silenzio dal clima omertoso di una parte del mondo accademico. In Italia, ad esempio, nel 2019 uno scandalo persino più grave di quello che ha colpito la Stanford aveva coinvolto l’allora rettore dell’università di Ferrara Giorgio Zauli, accusato da numerosi esperti internazionali di aver truccato decine di ricerche. Tuttavia, la comunità accademica ferrarese non prese posizione, l’università rifiutò di divulgare i risultati dell’indagine interna e il rettore portò a termine il suo mandato senza conseguenze.
Se alla Stanford è andata diversamente occorre ringraziare i combattivi studenti-giornalisti, la cui indipendenza fa invidia ai media più blasonati e risale al 1971, come oggi si studia nelle scuole di giornalismo. All’epoca, dopo violenti scontri legati alle proteste contro la guerra del Vietnam, il Daily rifiutò di consegnare alle autorità le foto degli studenti coinvolti, preferendo rendersi autonomo dall’ateneo che fin lì lo finanziava. Ne nacque una controversia legale durata otto anni che finì di fronte alla Corte suprema. I giudici diedero torto alla redazione studentesca. Ma dopo quella vicenda nel 1980 il Congresso statunitense approvò il Privacy Protection Act, la legge che protegge il diritto di cronaca dalle indagini di polizia.