Da domenica 12 a mercoledì 15 giugno torna a riunirsi a Ginevra l’Organizzazione Mondiale del Commercio per discutere dei brevetti su vaccini, farmaci e test anti-Covid. Da quasi due anni il negoziato è in stallo. Da un lato c’è la maggioranza dei Paesi aderenti (oltre un centinaio) che con India e Sudafrica chiedono una moratoria sui brevetti per allargare la produzione di questi beni. Dall’altro, resiste un pugno di paesi ricchi guidato dall’Unione europea. L’intransigenza dell’Ue ha impedito che anche la timida apertura statunitense a una moratoria limitata ai vaccini si concretizzasse. A Ginevra il «falco» e vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis rappresenterà l’Ue.

Stavolta però ci saranno anche gli attivisti. Nel pomeriggio di sabato la città svizzera ospiterà una manifestazione della «Via campesina», il movimento contadino internazionale che unisce la lotta per l’accesso ai farmaci e la difesa della sovranità alimentare.

«Siamo all’ultima spiaggia» dice Vittorio Agnoletto, coordinatore della campagna europea Right2cure No Profit on Pandemic. «La pandemia è tutt’altro che terminata, come dimostra la diffusione della variante BA.5 di Omicron in Portogallo e nel resto d’Europa. Accordi poco trasparenti “tagliano” il diritto delle nazioni povere all’accesso ai vaccini e alle cure contro il Covid 19 e le sue varianti e producono non solo gravi conseguenze immediate sulla salute di quei popoli, ma mettono a rischio tutta l’umanità». «Ciò che sconvolge – prosegue il medico – è che la pandemia ha provocato oltre 18 milioni di morti, secondo studi indipendenti, ma ha prodotto guadagni stratosferici per le aziende farmaceutiche con la creazioni di oltre 500 nuovi multimiliardari».

Anche la solidarietà è rimasta sulla carta. Le donazioni di vaccini ai paesi a basso reddito attraverso il programma umanitario Covax sono ferme da tempo a 1,5 miliardi di dosi e l’obiettivo dei 2 miliardi appare lontanissimo. Nei Paesi poveri, solo il 17,8% ha ricevuto almeno una dose.