Ekaterina Selenkina, russa, è regista di grande talento: pratica un cinema situato in quell’interregno tra sperimentazione e solida, consolidata autorialità che è già terreno di esercitazione per molti registi e video-artisti della sua generazione, tra cui mi viene in mente quell’Helena Wittmann passata qualche anno fa a Venezia con il suo vertiginoso Drift. Un cinema cioè che nelle sue dilatazioni spazio-temporali, nello spazio-tempo concesso alla materia cinematografica di brulicare e sedimentarsi nel quadro; nel predisporsi totalmente permeabile di fronte agli scorci, in modo che l’immagine assorba gli umori, i clamori, i colori, proprio il respiro delle cose e diventi scrittura;...