Spiriti di morte sull’invalicabile confine della lingua: un romanzo di Anna Baar
Scrittrici austriache «Il colore della melagrana», da Voland
«Nada, non andare via! avrebbe urlato, ritiro tutto, il rifiuto e la rabbia, la spavalderia, l’ira, perché tua è la parola e tuo il silenzio, che colpisce più duro di qualunque bastone, e la ragione appartiene a te in tutto»: queste parole vengono dal romanzo di Anna Baar, Il colore della melagrana, uscito nel 2015 con grande successo in Austria, e che arriva ora in italiano da Voland (nella efficace versione di Paola Del Zoppo, pp. 285, € 19,00). Il titolo sembra rimandare al celebre film omonimo di Sergej Paraždanov (1968), biografia visionaria del trovatore armeno Sayat-Nova, raccontata in tre lingue, in un continuo scontro tra il fuoco della poesia e il ferro della Storia.
Croata per nascita, ma austriaca di adozione, Anna Baar pone al centro della scrittura una figura narrante di bambina, che sfida continuamente l’autorità degli adulti, e mette in discussione la realtà, salvo poi tornare a riconoscere la gerarchia del sapere, in un mondo che esplode, e in cui la barriera della lingua è un confine invalicabile.
La traduttrice firma anche una puntuale postfazione, che ha come titolo «La terra del padre e la terra della madre», in cui sottolinea il rimando della scrittura al mito di Persefone: la protagonista del romanzo (Anuschka, in cui l’autrice proietta esplicitamente se stessa) vive divisa tra l’Austria, paese dell’inverno dove va a trovare il padre, separato dalla madre, e l’isola incantata di Brac, di fronte a Split, dove trascorre le estati con la ingombrante e possessiva nonna Nada (che qui è, quindi, una incarnazione di Ecate).
La nonna, che ha avuto vita assai agitata ed è diventata musa di artisti, intende riportare nella nipote la lingua della madre, perché rifiuta quella del padre, il tedesco che lei chiama «degli assassini», e al più lo parla parodiandolo, storcendone le parole e emettendo suoni grotteschi e minacciosi. Dietro questo rifiuto sta la cattura del marito, e la sua deportazione nel 1944, per aver definito «maiale»il Führer.
L’arrivo nel paese del padre della bambina, che racconta fiabe e suona autori romantici al pianoforte, è per la nonna problematico, «perché ogni volta… ci voleva più tempo perché la sua lingua, che era stata sbranata dall’altra lingua, si sciogliesse». L’Austria ordinata nasconde segreti incomprensibili, e lo spirito nero di Baba Roga, signora della morte, è sempre in agguato.
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