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Freud, il lessico della psiche in nuove versioni

Glenn Ligon, Condition report (diptych), 2000Glenn Ligon, Condition report (diptych), 2000

Tradurre la psicoanalisi A cura di Mark Solms, in 24 volumi, la «Revised Standard Edition», frutto di 30 anni di lavoro, aggiusta alcuni errori e sviste della versione di Strachey e propone traduzioni alternative senza sostituire le classiche: da Rowman & Littlefield. Francesco Barale ritraduce «Costruzioni nell’analisi», del 1937, per Jaca Book

Pubblicato 21 giorni faEdizione del 20 ottobre 2024

Più volte Freud ha segnalato la sua difficoltà nel trovare parole adeguate a descrivere ciò che andava scoprendo dell’essere umano: senza tradurli in un linguaggio immaginifico e figurativo, diceva, i processi inconsci «non li avremmo nemmeno percepiti».

Dunque, i problemi del passaggio da un idioma all’altro sono al cuore della psicoanalisi e, come scrive Mark Solms, «Freud è stato, in realtà, il primo traduttore psicoanalitico».

Una difficoltà raddoppiata la incontra chi si ritrova a tradurre i testi freudiani in altre lingue: occorre cercare i migliori corrispettivi nel proprio lessico-madre per trasporvi quel che già Freud si era trovato a dover traslare dalle sue immagini mentali al tedesco, e dunque il traduttore deve confrontarsi anch’egli con il compito di trovare, nella sua lingua, le parole idonee a traslare l’«inconoscibile» che è dentro di noi.

Diverse scelte di traduzione

Tutto ciò aiuta a spiegare come mai, fin da subito, tradurre Freud abbia creato un terreno sul quale si sono scontrate prospettive, opzioni e scelte traduttive anche molto lontane tra loro, che tuttora talvolta dividono psicoanalisti e traduttori su scelte lessicali che spesso traguardando le «cose» dietro le «parole», e possono persino contribuire ad aprire – o a rimuovere – spiragli sul nostro funzionamento psichico e quindi sulla possibilità di intervenire sulla sofferenza che può derivarne.

È un lavoro in progress, questo, che potrebbe già suggerire una risposta a chi si chiedesse il perché di una nuova edizione di Costruzioni nell’analisi, il breve saggio datato 1937, in cui lo stesso Freud si domanda «quanto e cosa ci sia poi di vero nelle costruzioni di senso che avvengono in analisi».

Sulla opportunità di una nuova versione cerca di rispondere Francesco Barale nell’introduzione al suo recente lavoro sul testo freudiano – con la collaborazione di Ingrid Hennemann Barale – pubblicato per Jaca Book (pp. 96, euro 12,00).

Ogni nuova traduzione italiana deve confrontarsi con quella ormai classica delle Opere complete di Boringhieri, curate da Cesare Musatti e Renata Colorni, un «capolavoro di rispetto complessivo del testo freudiano», ha scritto Barale.

Quanto all’interrogativo circa la necessità o meno di procedere sulla strada di aggiustamenti progressivi, anch’esso viene rilanciato grazie all’uscita di una nuova edizione inglese di tutte le opere freudiane – la Revised Standard Edition in ventiquattro volumi, frutto di trent’anni di lavoro e pubblicata da Rowman & Littlefield e dall’Institute of Psychoanalysis di Londra per la cura di Mark Solms ( pp. 7884, e 1868) che rivede la Standard Edition tradotta e curata negli anni Cinquanta del secolo scorso da James Strachey.

«Standard» lo era di nome e di fatto, in quanto riferimento, per scelte traduttive e per apparato critico, note esplicative e rimandi, di tutte le edizioni successive in altre lingue, inclusa quella italiana.

Diversamente da quanto è avvenuto anni or sono con il progetto, parziale, della Penguin Books curato da Adam Phillips, questa edizione Revised non ritraduce i testi freudiani, bensì si limita ad aggiungere alla traduzione di Strachey – segnalandolo con una sottolineatura – un nuovo livello di testo dove altre versioni possibili si accompagnano a note esplicative circa i termini e i passi che pongono dei problemi e le cui soluzioni trovate hanno sollevato, nei decenni scorsi, critiche anche aspre.

Ritradurre per intero la Standard Edition – scrive Solms – avrebbe significato sostituirla con un’altra che, «nel caso migliore, sarebbe imperfetta in modi nuovi e differenti»; e anche solo emendarla ha portato con sé la certezza che la nuova edizione «solleverà almeno altrettanti interrogativi di quelli cui darà risposta».

Decidere di limitarsi a una revisione, è stato conseguente alla convinzione che le scelte di Strachey fossero giustificate sia dall’esistenza già allora di una tradizione consolidatasi con il contributo dello stesso fondatore della psicoanalisi, sia da un’opzione di fondo cui Strachey ha tenuto fede coerentemente: tradurre Freud come an English man of science. O si usano le convenzioni della lingua e del contesto da cui si traduce (la scelta «estraniante») o si adottano quelle della lingua in cui si traduce (l’opzione «naturalizzante»). «Nessuna delle due soluzioni è migliore dell’altra», per Solms, «ed è impossibile utilizzarle entrambe; occorre fare una scelta». Strachey optò per la seconda possibilità.

Nel suo solco, la Revised si limita a correggere alcuni errori della Standard (un esempio per tutti: il termine tedesco Trieb viene reso con drive, «pulsione», anziché con instinct, «istinto», come fece Strachey); oppure segnalare termini e passi problematici che tuttavia non è sembrato opportuno modificare (come per le parole di derivazione greca con cui Strachey aveva tradotto diversi termini freudiani).

La decisione è non solo condivisibile, ma lascia legittimamente spazio per traduzioni che scelgano, invece, di seguire il filo delle parole in tutta l’opera, anche al di là dei contesti, cercando di accogliere l’estraneità dell’altra lingua nella propria: proprio questo è avvenuto nella edizione francese delle opere complete diretta da Jean Laplanche, che si concluse nel 2019, e nelle nuove edizioni di singoli testi freudiani, che sono state via via messe alla prova di traduzioni differenti.

Significativamente rappresentativo di questo intento, Costruzioni nell’analisi affronta «un piccolo gioiello perfettamente “costruito”» dell’ultimo Freud, che al tempo stesso getta uno sguardo critico sulla sua opera e sul suo percorso, aprendo diversi spiragli per ricerche e riflessioni a lui successive, che vanno ben oltre le stesse aspettative freudiane.

Congetture a innesco visivo

Nella sua preziosa introduzione, Barale mostra infatti come ripensare alcune scelte di traduzione compiute in passato, nel pieno rispetto del testo, permetta di restituire a quello stesso testo altre potenzialità: «i dilemmi del traduttore presentano in realtà un’evidente analogia proprio con il problema che Freud affronta in Costruzioni nell’analisi»: il problema relativo al «farsi psichico» di tracce di eventi mentali non rimemorabili perché ancora non si sono date le condizioni per renderli rappresentabili. E questo mette in luce un fondamentale aspetto del procedere analitico: «quel congetturare a innesco quasi visivo (indovinare), intuitivo, ampiamente involontario e pre-categoriale, talvolta giocoso e perfino un poco infantile, che nasce direttamente dal corpo della relazione analitica».

Rivendicando la continuità del suo pensiero con la ragione scientifica, Freud aveva più volte segnalato la natura del suo metodo: «vero motore del procedere complessivo della mente analitica».

Proprio per questo, come nota giustamente Barale, anche oggi chi, come il traduttore, «si addentra con passione nella trama del testo freudiano, in quella tormentata fucina che era il pensiero di Freud, nel suo continuo problematizzare, riproporre, riprendere le questioni, riaprirle e ri-problematizzarle di nuovo, a poco a poco non può non sentire la sua lettura che come un’esperienza di libertà e di etica del pensiero».

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