Spie russe incriminate, Trump non annulla il vertice con Putin
Russiagate Il presidente Trump minimizza sulle cyberintrusioni scoperte durante la campagna per le presidenziali 2016 a danno dei democratici e ribatte: «Era Obama a dover far qualcosa
Russiagate Il presidente Trump minimizza sulle cyberintrusioni scoperte durante la campagna per le presidenziali 2016 a danno dei democratici e ribatte: «Era Obama a dover far qualcosa
Dopo settimane di relativo silenzio e di lontananza dal clamore delle prime pagine, il procuratore speciale Robert Mueller che conduce l’indagine indipendente sul Russiagate ha incriminato 12 agenti russi per aver organizzato e gestito l’hackeraggio dei computer del Comitato nazionale Democratico, Dnc, durante la campagna presidenziale del 2016.
I 12 incriminati sono militari, considerati membri del Gru, un’agenzia di intelligence russa, e sono accusati di aver rubato nickname e password dei volontari impiegati nella campagna di Hillary Clinton, come del suo presidente, John Podesta, e di aver violato la rete di computer del comitato. Le accuse includono cospirazione contro gli Stati Uniti, furto di identità aggravato, furto di informazioni su 500 mila elettori americani, cospirazione per riciclaggio di denaro, la pubblicazione delle e-mail rubate su un sito web – dcleaks.com – considerato fittizio.
Nel testo dell’incriminazione si legge della creazione di diversi profili fittizi, incluso Guccifer 2.0, utilizzati per diffondere e-mail trafugate e altri documenti. «Sappiamo che il loro scopo era di avere un impatto sulle nostre elezioni – ha dichiarato Rod Rosenstein, numero due del dipartimento di Giustizia – Che tipo di effetto possano aver avuto o quale sia stata la loro motivazione è ora oggetto di speculazione. (…) Sono incriminazioni basate sui fatti, sulla legge e sulle regole del dipartimento di Giustizia».
L’atto di incriminazione è arrivato con un tempismo da House of Card, proprio mentre Trump era impegnato nella visita alla regina Elisabetta nel castello di Windsor e a due giorni dall’incontro di Helsinki con Vladimir Putin, incontro che, dopo l’annuncio di Rosenstein, molti a Washington vorrebbero venisse annullato. I primi a chiederne la cancellazione sono stati i democratici, per bocca del leader al Senato Chuck Schumer, ma si sono aggiunti anche diversi repubblicani “dissidenti”, primo fra tutti il senatore John McCain.
La Casa Bianca non la pensa così, e come prima reazione ha minimizzato la portata dell’incriminazione tramite la dichiarazione della portavoce Lindsay Walters, che ha definito quanto rivelato di Rosenstein «coerente con ciò diciamo da sempre, che non vi sono indicazioni del coinvolgimento di nessuno della campagna di Trump, né che le violazioni abbiano avuto un impatto sul risultato delle elezioni». Di annullare il summit di domani con Putin, poi, non se ne parla nemmeno, anche se The Donald, durante la conferenza stampa congiunta con Theresa May, a chi gli chiedeva se intendesse sollevare la questione con Putin, ha assicurato: «Porrò assolutamente la domanda e con fermezza».
Per valutare la fermezza del presidente Usa bisognerà aspettare lunedì, al momento in molti ricordano invece quando, nel luglio 2016, durante un dibattito, il candidato Trump aveva chiesto pubblicamente alle agenzie e agli agenti russi di hackerare le e-mail di Hillary Clinton e del Dnc. Col senno di poi è quanto meno ironico il fatto che il server privato di Hillary Clinton, usato da lei quando era segretaria di Stato, invece di quello ufficiale, sembra essere stato il più sicuro e inespugnabile tra tutti quelli presi di mira durante le presidenziali del 2016.
Ora bisognerà vedere come si difenderà, non solo Trump, ma tutta la parte di partito repubblicano che nelle ultime settimane fa quadrato intorno al presidente, continuando a sostenere che l’inchiesta di Mueller è solo una «caccia alle streghe», ispirata da gruppi del deep State, termine con cui si indica una situazione politica in cui un organo dello Stato, come i servizi segreti, non risponde alla leadership politica.
Per ora la linea di difesa di Trump alle ultime accuse di Mueller è stata quella di rimettere tutto il peso di responsabilità sulle spalle del suo predecessore, Obama: «Le storie che avete sentito sui 12 russi – ha twittato – hanno avuto luogo durante l’amministrazione Obama, non Trump. Perché non hanno fatto qualcosa a riguardo, specialmente quando è stato riferito che il presidente Obama è stato informato dall’Fbi a settembre, prima delle elezioni?».
Questa però è propaganda per la sua base, non una linea di difesa giuridica, e ciò che si aspetta è un faccia a faccia Trump-Muller, incontro che gli avvocati di Trump vogliono evitare.
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