«Sono 40 anni di patimenti». Più di due terzi della vita di Nunzia Cardone, che ieri in tarda mattinata sotto il tendone allestito dalla Protezione Civile cerca scampo alla calura e al sole che picchia nello spiazzo davanti la Vela Celeste. È una degli 800 sfollati e su di lei sembra che pesi un destino beffardo: «Sono arrivata a Scampia all’inizio degli anni Ottanta da Miano, un quartiere vicino, e sono andata ad abitare nella Torre A, la Vela Verde che è stata abbattuta qualche anno fa. Quando è stata demolita dovevo avere la casa nuova, avevo preparato le cose per il trasloco. Era tutto pronto. All’ultimo momento mi è stata negata perchè è emerso che la moglie di mio figlio stava nel mio stato di famiglia e non ho capito bene quale problema avesse creato questo fatto. Non avevo la possibilità di rivolgermi a un avvocato, ho subito senza potermi difendere».

Va avanti: «Sono andata in depressione, mi sono ritrovata di nuovo in un una Vela, questa Celeste. Ora non so dove dormirò stanotte. Mi dicono forse in una scuola». Nunzia condivide la casa con una nipote: «Sono diventata vecchia e il sogno di avere finalmente una casa decente, in un posto pulito e decoroso, si allontana ogni giorno di più». Quella dove vive nella Vela Celese è di tre stanze, due bagni, una cucina: «Non è piccola e neppure in pessime condizioni all’interno perché ci abbiamo speso quello che potevamo. Fuori la porta, però, è una rovina. Le scale e i ballatoi cadono a pezzi. Ruggine, sporcizia, acqua che cola».

Poco distante l’ascoltano Enzo e Ivan. Il primo lavora in una rosticceria, il secondo in una impresa edile. Nessuno dei due oggi vive nella Vela Celeste, ma entrambi raccontano di essere arrivati lì negli anni Ottanta (pure loro da Miano) con la famiglia: «Siamo cresciuti lì dentro. Da bambini abbiamo fatto i pali dello spaccio. Era naturale, ti fermavano mentre andavi a scuola e ti proponevano di guadagnare. Prendevamo anche 300mila lire al giorno solo per stare fermi e, se passava la volante, gridare il nome convenuto, spesso di donna. Siamo stati entrambi in galera». E ancora: «Oggi però quella storia è finita. Nella Vela Celeste abitano solo persone bisognose, non ci sta più il controllo della camorra. Ci sono molti occupanti di terza generazione, che hanno sostituito chi nel frattempo ha avuto la casa».

Si avvicina Pasquale, che indossa una maglia della Protezione Civile ed è un parente di Ivan: «Pure io ho vissuto lì dentro, poi ho avuto un appartamento, avevo una raccomandazione. Sono andato via». Non l’ha mai avuta e forse per questo è ancora nella Vela Celeste una ragazza della provincia di Taranto («preferisco non dare il nome») con due figli piccoli: «Sto qui da un paio di anni e mi sono autodenunciata. Sono entrata da occupante ma poi ho cominciato a pagare l’affitto al comune. Circa 270 euro al mese. Non ho mai visto nessuno che entrasse per garantire un minimo di manutenzione. Quel poco che si fa, è a spese nostre. Dice il comune che dobbiamo andare via, che ci saranno le case per noi. Intanto, però, nella Vela ci sono 800 persone e non è giusto che siano state completamente abbandonate».