Prima ha travolto la piazza dell’energia di Amsterdam, poi ha investito le torri di economia e finanza di Francoforte. Il prezzo del gas è davvero una valanga che non si ferma più. Ieri il contratto future “Ttf” che determina il costo del combustibile cui è appesa l’intera Europa ha raggiunto la stratosferica vetta di 293 euro per megawattora. Corrispondono all’impennata-record del 17%, ovvero alla cifra gonfiata dalla speculazione “di guerra” che ormai terrorizza lo stesso mercato, prima ancora della politica. Un vero effetto-slavina, con il “Dax” (l’indice dei 30 titoli a maggiore capitalizzazione della Borsa Di Francoforte) crollato del 2,1% fino a quota 13.262 punti, mentre nelle stesse ore l’euro si indeboliva finendo nuovamente sotto la parità con il dollaro.

UNA CATASTROFE per niente naturale, come sottolinea a Berlino il vicecancelliere Robert Habeck dei Verdi, numero due del governo dello Stato europeo più colpito dall’ennesimo stop del Nordstream. «La Russia sta mettendo in atto un piano ben preciso. Questa interruzione è un altro passo nell’escalation sull’energia che viene usata da Mosca come un’arma da guerra». La versione ufficiale di Berlino è quindi: la «manutenzione programmata» per revisionare la seconda turbina della pipeline in programma dal 31 agosto al 2 settembre annunciata venerdì scorso da Gazprom ha fatto schizzare il prezzo del gas alle stelle.

Ormai ciò che (non) passa attraverso la pipeline sotto al Mar Baltico profila la sorte dell’Europa sempre più avviata verso un inverno di guerra che non si limiterà alla mancanza di riscaldamento. Così il gasdotto dell’amicizia russo-tedesca è diventato il perno della speculazione che colpisce tutti.

«Senza ulteriori e sostanziali risparmi nell’industria come nelle famiglie il rischio di una carenza di gas nel semestre invernale rimane molto alto. L’incertezza delle forniture continua a rappresentare un rischio elevato per l’economia» si legge nella cartina di tornasole della Bundesbank che ha appena pubblicato il rapporto mensile in grado di far tremare i polsi a qualunque governo europeo.

QUELLO GUIDATO da Olaf Scholz è già stato costretto a spiegare ai cittadini che il 15-20% di risparmio diventa ogni giorno sempre meno la soglia volontaria fissata dall’Ue e sempre più la cifra imprescindibile per salvare il Paese da cui dipende tutta l’Europa.

Di ritorno dal Canada, dove insieme al ministro Habeck ha sottoscritto la nuova partnership per lo sviluppo di idrogeno e gas, il cancelliere tedesco sa bene che le fonti alternative alla canna di Gazprom saranno a disposizione non prima di due anni per la carenza di infrastrutture. La Locomotiva d’Europa potrebbe essere colpita molto prima dalla crisi del gas, specie se la speculazione non mollerà la presa.

«Il rischio che la produzione economica diminuisca è aumentato in modo significativo» scrivono gli esperti nella torre della Bundesbank di Francoforte affacciata all’Eurotower dove ieri la governatrice Christine Lagarde ha contabilizzato il mezzo punto perduto ieri dalla moneta unica, con l’euro equivalente a 0,998 dollari.

IN PARALLELO, TUTTAVIA, non manca la rassicurazione di chi incolonna l’altro conto fondamentale: con il Nordstream ristretto al transito giornaliero di soli 33 milioni di metri cubi (20% della capacità massima), attualmente Gazprom fornisce alla Germania appena l’11% del totale delle importazioni nazionali di gas, conferma l’Agenzia delle Reti di Bonn.

Di base «il nostro problema non è la disponibilità di gas – come ho sentito dire più volte – bensì la mancanza di un’infrastruttura alternativa ai gasdotti russi. Dobbiamo renderci indipendenti da Mosca. Ecco perché a differenza di altri Paesi la domanda chiave non è “Da dove viene il nostro gas?” ma “Come arriva il gas in Germania» precisa Habeck.

Per adesso viene solo dal Nordstream, visto che Wilhelmshaven a Brunsbüttel i terminal galleggianti capaci di rigassificare fino a 12,5 miliardi di metri cubi all’anno entreranno in funzione, se va bene, a fine dicembre. Solo allora si potranno utilizzare le quattro navi gasiere noleggiate dal governo Scholz.

Intanto la Germania funziona soprattutto grazie al carbone e alle energie rinnovabili, agli antipodi nella sfera della sostenibilità, come dimostra il rapporto sul mix energetico del 20 agosto. Carbone: 35,9%; solare: 21,6; biomasse: 9,6; eolico: 9,3; gas: 8,6; nucleare 8,3; con il restante 6,6% da altre fonti.