Specializzazioni mediche, più posti che candidati. Ma resta tabù l’abolizione del numero chiuso
Sanità In una disciplina in sofferenza come il pronto soccorso il 69% di borse non assegnate
Sanità In una disciplina in sofferenza come il pronto soccorso il 69% di borse non assegnate
Il sindacato Anaao-Assomed ha pubblicato i dati sull’assegnazione dei posti nelle scuole di specializzazione in medicina e chirurgia: oltre un quarto delle borse di studio da circa 1700 euro al mese non sarà assegnato perché non si sono presentati abbastanza candidati. Nelle discipline che avrebbero maggiormente bisogno di iniezioni di personale, come il pronto soccorso, la percentuale di posti non assegnati sfiora il 70% del totale.
Le scuole di specializzazione sono i corsi post-laurea della durata di 4 o 5 anni con cui si acquisisce il titolo che consente di lavorare nei diversi reparti degli ospedali pubblici. Quest’anno, fa sapere l’Anaao, dei 16.165 posti messi a bando in tutte le specialità ne sono stati assegnati solo 11.688, il 28% in meno. Lo spreco delle borse varia molto da una disciplina all’altra e nel caso della medicina di emergenza-urgenza – cioè il pronto soccorso – raggiunge il 69%. È il dato più allarmante in quanto il pronto soccorso oggi soffre per le più gravi carenze di organico, anche per lo scarso filtro operato dalla medicina territoriale. Secondo l’Anaao, il dato «certifica ufficialmente ’l’estinzione’ della figura dello specialista in medicina d’emergenza con l’avanzata della figura del medico gettonista che corrisponde irrimediabilmente a una diminuzione della qualità erogata in un ambito delicato come quello dei Pronto Soccorso».
Secondo il report Anaao, ci sono anche altre specializzazioni in cui le borse assegnate sono una minoranza di quelle disponibili: tra le meno ambite microbiologia, patologia e biochimica clinica, medicina e cure palliative, genetica medica. Sono, guarda caso, anche quelle che offrono meno sbocchi nella medicina privata in quanto riguardano attività che si svolgono quasi esclusivamente negli ospedali pubblici, spesso con mansioni più gravose rispetto ad altre specialità. L’attrattività della specializzazione in emergenza-urgenza è ridotta anche perché non è strettamente necessaria per essere assunti in pronto soccorso: data la carenza di «urgentisti» agli ospedali è consentito reclutare in pronto soccorso anche medici con altre specializzazioni, a patto che abbiano maturato una sufficiente esperienza nei reparti di emergenza.
Le borse di specializzazione sono state a lungo il collo di bottiglia del sistema formativo italiano in campo sanitario. Il numero di nuovi specialisti infatti è stato a lungo insufficiente a rimpiazzare quelli andati in pensione e ciò ha provocato la scarsità di medici rivelata drammaticamente dalla pandemia. Oggi si assiste al fenomeno contrario: i laureati in medicina negli ultimi anni, circa 13mila l’anno, sono cresciuti più lentamente del numero dei posti nelle scuole di specializzazione. La ministra dell’università Anna Maria Bernini ha promesso che dall’anno prossimo saranno 19.000 i posti disponibili nelle facoltà di medicina. Rilancia una petizione online contro il numero chiuso, che in pochi giorni ha raccolto quasi 50mila firme. Gli autori dell’appello non reclamano solo il diritto allo studio, ma denunciano anche il costoso mercato dei corsi privati e gli episodi di corruzione sorti intorno all’esame di ammissione alla facoltà.
L’abolizione trova la netta opposizione sia da parte delle università che dell’ordine dei medici, secondo cui non vi sarebbero risorse sufficienti per accogliere più matricole. «Un accesso generalizzato significa programmare di fatto un drastico crollo dell’indiscussa qualità dei corsi che in Italia formano medici e chirurghi» ha detto il presidente della Crui, medico e rettore dell’università di Messina Salvatore Cuzzocrea. Ma poche ore dopo gli è toccato dimettersi per lo scandalo dei due milioni di euro che ha ricevuto dal suo ateneo a titolo di «rimborso spese».
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