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Sparare o subire, in Congo. Venti di guerra con il Ruanda

Sparare o subire, in Congo. Venti di guerra con il RuandaRibelli del M23 si ritirano dalle aree di Masisi e Sake, nell'est della Repubblica democratica del Congo – Ap

Si inasprisce lo scontro sull’appoggio di Kigali ai ribelli dell’M23. I civili sempre nel mezzo. Il presidente ruandese Kagame: «Prevedo notti insonni». La replica del suo omologo Tshisekedi: «Cacciare il nemico». Record di nuove reclute per l'esercito di Kinshasa

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 11 dicembre 2022

La guerra che affligge le regioni orientali del Congo rischia di diventare conflitto tra Stati dopo le ultime dichiarazioni dei presidenti di Ruanda e Repubblica democratica del Congo. Nei giorni scorsi Paul Kagame aveva dichiarato: « Se volete rivolgervi a qualcuno che sa qualcosa sulla guerra potete rivolgervi a me, io so quanto è brutta e per questo so che non c’è niente di meglio della pace». Ma poi aveva fatto intendere che il governo congolese fosse interessato al caos per evitare le prossime elezioni, per giustificare una continuità presidenziale. «Sappiamo – ha detto riferendosi al presidente congolese Felix Tshisekedi – che non ha vinto le prime elezioni, quindi se cerca di trovare un altro modo per posticipare le prossime preferirei che usasse altre scuse».

KAGAME SOSTIENE che «uno dei problemi che il Ruanda deve affrontare in Congo è costituito dal gruppo FdlR» (Forze democratiche per la liberazione del Ruanda), che «mai una volta la missione in Congo delle Nazioni unite ha combattuto o ha cercato di sradicare».

«Dicono che siamo accusati di aver rubato le pietre preziose del Congo – ha proseguito il presidente ruandese – ma non è vero, non siamo ladri, lavoriamo per quello che abbiamo e per quello che otteniamo e poi domandatevi dove stanno andando queste pietre? Non restano certo qui». Kagame lamenta attacchi da parte delle FdlR che hanno obbligato il Ruanda ad andare dall’altra parte: «La sovranità del Congo dovrebbe essere rispettata, sono davvero d’accordo, ma anche quella del Ruanda dovrebbe esserlo… Se ciò non accade, avremo delle notti insonni».

Nella sua replica il Presidente del Congo Felix Tshisekedi ci ha tenuto a precisare che «i ruandesi sono nostri fratelli e sorelle», ma anche che «il nostro nemico è il presidente Kagame e il suo governo, i ruandesi hanno bisogno del nostro aiuto per liberarsi di Kagame. L’Africa ha bisogno di andare avanti. L’Africa è l’ultima della classe a causa di guerre e divisioni. E questo è merito di leader come Paul Kagame».

È L’EFFETTO DELLE TENSIONI che si sono accumulate negli ultimi mesi a seguito della ripresa dei combattimenti tra l’esercito e il movimento M23 che in poche settimane partendo dalla città di confine di Bunagana ha conquistato sempre più territori. Si tratta di un gruppo organizzato legato al Ruanda e molto più simile, per equipaggiamento, armi e organizzazione, a un esercito che ad una milizia di ribelli. Sono congolesi, il comandante Sultani Makenga è nato a Rutshuru (Congo), ma di origine ruandese, per la precisione tutsi. Rappresentato qualche milione di persone che a partire XVIII secolo hanno iniziato a stabilirsi nelle regioni orientali del Congo.

Ma l’afflusso più importante è avvenuto nel 1994 con l’arrivo di rifugiati (tutsi e hutu) fuggiti dal genocidio del Ruanda: il Congo è diventato così un luogo di transfert della contesa ruandese (questione banyarwanda 3 milioni di persone di origine ruandese in Congo) a cui si sono aggiunte e sovrapposte altre tensioni (Uganda) e gruppi di guerriglia sia indipendenti, sia sostenuti in modo incrociato dai Paesi confinanti finalizzati al controllo delle enormi risorse minerarie presenti nelle provincie del Kivu e dell’Ituri.

I COLLOQUI DI PACE IN CORSO a Nairobi per riconciliare le regioni dell’Est non procedono anche perché l’M23 non è tra i gruppi invitati ai colloqui. La violenza sembra l’unica a dettare l’agenda con l’ultimo massacro: almeno 131 civili sono stati uccisi dall’M23 tra il 29 e 30 novembre nell’est del Paese, secondo un’indagine preliminare delle Nazioni Unite che sta ricostruendo quanto accaduto a Kishishe e nel vicino villaggio di Bambo.

«Sono sttai ammazzati come bestie», racconta un dottore della regione che chiede di restare anonimo . «In Congo – aggiunge – non c’è più da sperare, i volti della gente sono spenti, atterriti, non c’è più la felicità tipica dei villaggi africani, l’entusiasmo per l’ospite, la gioia dell’altro. L’abitudine qui è vedere morti, persone senza testa, arti sparsi per le strade».

Domenica c’è stata anche una marcia per la pace promossa dalla Chiesa cattolica congolese per dire «no alla balcanizzazione del Congo», e «no all’ipocrisia della comunità internazionale» di fronte a «un piccolo Paese che ci sta combattendo, dietro il quale ci sono gli Usa e l’Ue». Ma la situazione nell’est del Congo è già da tempo ben oltre una situazione ” balcanica” per l’intreccio e la sovrapposizione di gruppi i cui interessi, non potendo essere risolti attraverso la mediazione della politica e attraverso il processo elettorale, si risolvono ciclicamente, attraverso le armi: se vuoi essere ascoltato devi sparare oppure subire. La gente sta nella seconda categoria.

Per sostenere l’esercito congolese è stata messo in atto un piano militare da parte dei Paesi dell’Africa orientale. Il generale keniano Jeff Nyangah comandante della forza regionale ha assicurato che «i ribelli dell’M23 non prenderanno mai la città di Goma».

IL PAPA visiterà il Congo a fine gennaio 2023 e c’è chi spera, come il Premio Nobel per la pace Denis Mukwege, «che il suo arrivo ci farà voltare pagina. Ricorderà al mondo la nostra guerra dimenticata».

Nelle ultime ore i ribelli dell’M23 hanno dichiarato «di essere pronti a iniziare il disimpegno e a ritirarsi dalle posizioni conquistate» e a mantenere il cessate il fuoco, ma fonti locali riferiscono che a Bwito, sull’asse Kiseguru verso Kibumba il gruppo armato avrebbe fatto sfollare gli abitanti di diversi villaggi e sarebbe in procinto di attaccare l’esercito congolese.

INTANTO IL PRESIDENTE congolese ha fatto visita alle nuove reclute dell’esercito: sarebbero10.000 solo nella base di Kitona, è il maggior numero di persone che si sono arruolate contemporaneamente nella storia del Paese. Per gli osservatori «il Congo si sta preparando». Sottointeso, a una guerra con il Ruanda. Le parole di Tshisekedi alle reclute non sembrano lasciare dubbi: «Il Congo è prima di tutto dei congolesi e non degli stranieri, mobilitiamoci per cacciare il nemico».

La Repubblica democratica del Congo destinerà nel 2023 il 6,5% del Pil alle spese militari, con un incremento del 55% rispetto al bilancio dell’anno in corso. Come sempre in guerra, scriveva Jonathan Swift, «la falsità spicca il volo e la verità la segue zoppicando».

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