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Spagna, scandalo Errejón: Sumar potrebbe aver coperto la violenza machista

Íñigo Errejón e Yolanda DíazÍñigo Errejón e Yolanda Díaz – Ap

Terremoto a sinstra Crescono le denunce di donne molestate a carico del portavoce del partito della sinistra, trema il partito della vicepresidente del governo Yolanda Díaz

Pubblicato 2 giorni faEdizione del 26 ottobre 2024

Il terremoto generato dalle repentine dimissioni dell’ex portavoce parlamentare di Sumar, Íñigo Errejón, non accenna a placarsi. E potrebbe travolgere l’indebolito movimento fondato dalla vicepresidente del governo e ministra del lavoro Yolanda Díaz.

Alcune femministe su Twitter vaticinano che questo potrebbe essere solo il primo di molti altri casi analoghi relativi a politici di sinistra.

Errejón era uno dei pochi volti rimasti in attivo del movimento del 15M – che da noi si conosce come Indignados.

Casualmente, proprio ieri un altro dei nomi più emblematici della stagione di cambiamenti politici in Spagna, l’ex sindaca di Barcellona Ada Colau, dava l’addio al consiglio comunale della città e abbandonava la prima linea politica. 

Fra i fondatori di Podemos dieci anni fa, Errejón era entrato in collisione con l’ex amico Pablo Iglesias quando nel 2016 aveva cercato di scalzarlo dalla segreteria generale. Decise poi a sorpresa di fondare un altro partito, Más Madrid, con l’ex sindaca della capitale Manuela Carmena (anche lei inizialmente appoggiata da Podemos), per poi avvicinarsi a Yolanda Díaz che pochi mesi dopo annunciò la volontà di formare Sumar, oggi al governo.

Errejón diventa così uno dei pesi massimi del partito della sinistra alla sinistra del Psoe, di cui nei mesi scorsi ha assunto il carico di portavoce parlamentare. 

Lo scandalo che lo ha costretto alle dimissioni – impostegli da Yolanda Díaz e dai suoi ex soci di Más Madrid, fra cui la ministra de la sanità Mónica García – ha assunto contorni sempre più inquietanti.

Nella sua lettera di dimissioni resa pubblica giovedì era stato volutamente e ipocritamente vago sui motivi dell’addio. Diceva che era dovuto a anni di «usura» fisica e mentale dopo aver raggiunto «il limite della contraddizione tra il personaggio e la persona», nascondendosi dietro formule un po’ astratte, e certamente senza chiedere scusa alle vittime.

Ma i dettagli della prima denuncia presentata dall’attrice Elisa Mouliaá e resa nota ieri non sono edificanti. Dopo un lungo scambio di messaggi, alla fine del 2021 l’avrebbe aggredita.

Il giorno che si incontrarono a una festa  dopo la presentazione di un suo libro, l’avrebbe chiusa in una stanza e costretta a baci e toccamenti non consentiti, con esibizione di genitali, tanto che la stessa attrice gli avrebbe detto che «si sentiva molto a disagio» per quello che stava accadendo, e che le sembrava «molto violento», e avrebbe concluso con: «Íñigo, ‘solo sì significa sì’ (il motto delle femministe che è diventato legge proprio su impulso di Irene Montero, allora ministra di Podemos, ndr), mi sembra incredibile che mi stia succedendo questo proprio con te». 

Oltre a questa denuncia e a quella anonima che ha fatto scatenare il caso all’inizio della settimana (raccolta, senza rendere noto il nome del politico indicato, dalla giornalista Cristina Fallarás), ci sarebbero molte altre denunce in arrivo.  Alcune sono state pubblicate dalla stessa Fallarás su Instagram e altre sarebbero in marcia. In totale, per ora, sono una dozzina.

La domanda che ora dilania i militanti di Sumar e Más Madrid è se qualcuno sapeva e perché non è intervenuto prima.

Secondo molti giornalisti la voce già girava da tempo. Pablo Iglesias ha affermato che era da un anno che se ne parlava. A fine del 2023, pochi mesi prima delle ultime elezioni, infatti, un’altra donna aveva denunciato su Twitter che Errejón le aveva toccato il sedere durante una festa femminista, ma poi aveva cancellato il post.

Soprattutto, denunciava che una sua aiutante, Loreto Arenillas (attuale deputata di Más Madrid nella comunità di Madrid) sarebbe intervenuta per spegnere l’incendio e farla desistere. 

Lo stesso Errejón, a mo’ di scusa, diceva di essere in trattamento psicologico da mesi per curare diverse dipendenze tra cui il sesso. Come se la dipendenza implicasse necessariamente violenza.

Ma il ruolo giocato da chi era consapevole dei suoi comportamenti violenti e della contraddizione fra il suo personale e la filosofia del suo partito non è ancora stato chiarito del tutto.

Il partito socialista ha subito stigmatizzato quanto accaduto. Sánchez ha condannato chi «attenta» al progetto femminista del governo, appoggiando «le donne che soffrono aggressioni e abusi», esplicitando la sua «fiducia» in Díaz, che ne esce chiaramente indebolita. 

Per il Psoe è però anche una rivincita proprio nella settimana in cui Sumar si era unito con molta veemenza alle critiche sullo scottante tema della casa.  

Il Partito popolare ci va a nozze, denunciando l’ipocrisia del governo e dei politici di sinistra. Oltre alle donne vittime della sua violenza, l’ex enfant prodige che doveva essere l’alternativa “buona” di Podemos, ha danneggiato per sempre anche il futuro della sinistra spagnola di cui voleva essere il protagonista. 

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