Alla vigilia dell’8 marzo, il governo di coalizione progresista e la maggioranza parlamentare che lo sostiene si sono divisi platealmente nella Camera dei Deputati su una delle leggi femministe più importanti della legislatura e molto apprezzata a livello internazionale: quella contro le aggressioni sessuali, meglio nota come del “Solo sì è sì”.

Il Psoe, con la contrarietà di Unidas Podemos, ha proposto in parlamento una riforma della legge approvata nel settembre scorso, in risposta all’allarme sociale determinato dalla revisione al ribasso di oltre 700 pene di aggressori sessuali con sentenza definitiva, operata da diversi giudici in ragione del principio costituzionale di non retroattività, salvo quando la nuova normativa non favorisca il condannato. E per l’avvio della sua discussione in parlamento, i socialisti hanno potuto contare sui voti del PP e di Vox; mentre la maggioranza progressista si è divisa tra voto contrario, di Unidas Podemos e degli indipendentisti baschi e catalani, e voto di astensione.

La legge del “Solo sì è sì”, infatti, non distingue più tra violenza e abuso sessuale com’era in precedenza sulla base della resistenza opposta dall’aggredita. Perché al centro del Codice penale mette la cultura del consenso alla relazione sessuale, ossia la manifestazione inequivocabile della donna, una vera rivoluzione paradigmatica attorno all’aggressione sessuale. La legge è infatti la risposta istituzionale all’indignazione che le donne manifestarono in tutto il paese nel 2018, quando la cosiddetta “manada” di Pamplona fu condannata in primo grado per abuso e non per violenza sessuale, non essendosi la giovane vittima ribellata all’aggressione.

Nell’unificare i due reati precedenti in quello unico di aggressione sessuale, si è dovuto riarticolare il ventaglio delle pene, ampliandolo, con la fissazione di nuovi minimi e massimi. L’attuale proposta del Psoe è quella di reintrodurre la fattispecie della violenza e dell’intimidazione per aumentare le pene dell’aggressore, anche se non risolve la situazione pregressa e sarà applicabile solo in futuro. Riforma che, secondo la ministra di Pari Opportunità di Podemos Irene Montero, riporta l’aggressione sessuale al Codice penale precedente, in cui la donna doveva dimostrare l’entità della violenza per ottenere giustizia. Una questione affrontata male e con ritardo da tutte le parti, almeno sul piano comunicativo.

Resta da vedere, ora, se ci sarà un accordo di governo durante il percorso parlamentare, che salvi il cuore della legge, limitandone l’arbitrio interpretativo. E restituisca autorevolezza alla coalizione progressista.
Nel frattempo e alla vigilia dell’8 marzo, il governo spagnolo ha approvato una proposta di legge sulla Rappresentanza Paritaria nei luoghi di decisione politica e nei Consigli di Amministrazione delle imprese, in applicazione della Direttiva europea della fine del 2022.

Attualmente, nel governo spagnolo le donne sono il 63,6% del totale, nella Camera rappresentano il 42,7% e il 40% del totale nel Senato. Esquerra Republicana, Unidas Podemos e il Psoe sono, nell’ordine, i partiti con maggiore rappresentanza femminile nella Camera (tra il 54% e il 48%); le deputate di Vox sono appena il 27%. Secondo la Commissione Nazionale del Mercato dei Valori, la presenza femminile nei Consigli di Amministrazione è tra il 29% e il 34%.